Amleto claustrofobico


…io sono morto e tu continui a vivere…
Racconta di me a chi vorrà saperne di più. Addio, addio! Ti prego, Orazio, ricordati di me. Continua a ricordare. Ricorda.....”
Sono queste le ultime parole che Amleto morente rivolge a Orazio, l'amico carissimo, l'unico sopravvissuto della storia: questi ne accoglie la preghiera e ne diventa il testimone. Col procedere del tempo, però, il ricordo si sbiadisce e si deteriora e nella mente di Orazio la vicenda si confonde e si scompone.

Dunque questo piccolo grande teatro di Milano - Teatro Libero - che nella passata stagione ha battuto il record di presenze in sala, si presenta al suo pubblico con lo spettacolo 'AMLETO', che con Otello, Romeo e Giulietta, Macbeth, Riccardo III inaugura il ciclo di produzioni shakespeariane della Compagnia Teatri Possibili, dal 23 settembre al 19 ottobre 2009.
Luoghi della mente, luoghi dell'anima quelli dove si svolgono le azioni ,in una logica di labilità del confine tra sogno e realtà.
Con un cast completamente rinnovato, la Compagnia intende coinvolgere ed affascinare gli spettatori con una delle più originali rappresentazioni di Amleto che siano mai state messe in scena: in una stanza vuota Corrado d'Elia racconta - o forse è più esatto dire ricorda - la vicenda di Amleto, così come la memoria di Orazio la rimanda; una sequenza più o meno logica di quadri in cui i volti e le immagini emergono dal buio con la rapidità di un battito di ciglia.
La scena è una stanza della memoria, claustrofobica e senza via d'uscita; le azioni si susseguono al ritmo ossessivo del ricordo, si confondono e si mischiano come avviene nella mente di Orazio, che ci restituisce una storia spezzata, frammentaria,ma colma di umanità. Un allestimento di forte impatto emotivo, caratterizzato da un linguaggio visivo marcato, dall'essenzialità di scene e costumi, da un ritmo sostenuto e dall'uso incalzante delle luci e della musica; un percorso verso la frammentarietà, che qui raggiunge il suo apice, con un taglio fortemente cinematografico.
Un Corrado d'Elia - Amleto - da non mancare, con tutta la forza, l'impatto emotivo e l'energia che caratterizzano le sue interpretazioni.

Compagnia Teatri Possibili
AMLETO
di W. Shakespeare
Dal 23 settembre al 19 ottobre 2009 - Teatro Libero - via Savona,10 - Milano
info 02-8323126

Vaticano: gli abusi sessuali dei sacerdoti

**VERONA, Italy (AP) - "Accadeva notte dopo notte", ha detto l'uomo non-udente, "a volte nella camera da letto del prete, a volte nella stanza da bagno, perfino nel confessionale." Quando era un giovane ragazzo all'istituto Cattolico per sordomuti, ha detto Alessandro Vantini, i sacerdoti lo sodomizzavano così implacabilmente che lui era arrivato a sentirsi "come morto". Questi anno, lui e dozzine di altri ex studenti hanno fatto qualcosa di altamente insolito per l'Italia: hanno dichiarato pubblicamente di essere stati costretti ad atti di sesso con i sacerdoti.Per decenni, una cultura del silenzio ha circondato gli abusi dei preti in Italia, dove gli studi mostrano che la Chiesa è considerata una delle istituzioni più rispettate nel Paese. (...) Un'indagine di Associated Press durata un anno ha documentato 73 casi di accuse di abusi sessuali da parte di preti siu minori nel decennio passato in Italia, con più di 235 vittime. L'indagine è stata compilata a partire dai report dei media locali, linkati da siti web di gruppi di vittime e vari blog. Quasi tutti i casi sono usciti nei 7 anni successivi all'esplosione negli USA dello scandalo dei preti cattolici pedofili.I numeri in Italia sono ancora appena un rivolo, se comparati alle centinaia di casi che sono esaminati nelle corti di giustizia in USA e Irlanda. E secondo l'indagine di AP, la chiesa italiana ha dovuto pagare appena qualche centinaio di migliaia di dollari in risarcimenti alle vittime, contro i 2,6 milioni di dollari della diocesi americana o i 1,1 milioni di euro corrisposto alle vittime in Irlanda.(...)I casi italiani seguono molto le modalità degli scandali statunitensi ed irlandesi: i prelati italiani si accanivano su poveri, su disabili fisici o psichici, o su giovani tossicodipendenti affidati alle loro cure. (...)In questo paese prevalentemente Cattolico, le chiese godono di una posizione talmente elevata, che i pronunciamenti del papa sono frequentemente presentati in cima alle notizie della sera, senza alcun commento critico. Anche coloro che hanno visioni anticlericali riconoscono l'importante ruolo che la chiesa gioca nell'educazione, servizi sociali e aiuto ai poveri.Come risultato, pochi osano criticarla, inclusi i grandi giornali indipendenti ed i media di stato. Inoltre, vi è un certo puritanesimo nelle piccole città italiane, dove non si parla di sesso, e meno che mai di sesso tra un prete ed un bambino. (...) Rompendo la cospirazione del silenzio, 67 ex studenti dell'istituto per sordi Antonio Provolo di Verona hanno denunciato abusi sessuali, pedofilia e punizioni corporali che si svolgevano nella scuola dagli anni '50 agli '80 da parte dei preti e dei frati della Compagnia di Maria. Nonostante non tutti siano stati essi stessi vittime, 14 dei 67 hanno rilasciato dichiarazioni giurate e testimonianze videoregistrate in cui raccontano dettagliatamente gli abusi di cui dicono di aver subito, alcuni per anni, nei due campus della città di Giulietta e Romeo. Essi hanno fatto i nomi di 24 preti, religiosi laici e frati.
Vantini ha raccontato di essere stato in silenzio per anni: "Come avrei potuto dire al mio papà che un prete aveva fatto sesso con me?" Vantini, 59 anni, ha parlato con AP un pomeriggio, raccontando per mezzo di un interprete del linguaggio dei segni gli abusi. "Non si poteva raccontare nulla ai genitorim perché i preti ti avrebbero picchiato."
**By THE ASSOCIATED PRESS
*VERONA, Italy (AP) -- It happened night after night, the deaf man said, sometimes in the priest's bedroom, sometimes in the bathroom, even in the confessional.
When he was a young boy at a Catholic-run institute for the deaf, Alessandro Vantini said, priests sodomized him so relentlessly he came to feel ''as if I were dead.'' This year, he and dozens of other former students did something highly unusual for Italy: They went public with claims they were forced to perform sex acts with priests.
For decades, a culture of silence has surrounded priest abuse in Italy, where surveys show the church is considered one of the country's most respected institutions. Now, in the Vatican's backyard, a movement to air and root out abusive priests is slowly and fitfully taking hold.
A yearlong Associated Press tally has documented 73 cases with allegations of sexual abuse by priests against minors over the past decade in Italy, with more than 235 victims. The tally was compiled from local media reports, linked to by Web sites of victims groups and blogs. Almost all the cases have come out in the seven years since the scandal about Roman Catholic priest abuse broke in the United States.
The numbers in Italy are still a mere trickle compared to the hundreds of cases in the court systems of the United States and Ireland. And according to the AP tally, the Italian church has so far had to pay only a few hundred thousand euros (dollars) in civil damages to the victims, compared to $2.6 billion in abuse-related costs for the American diocese or euro1.1 billion ($1.5 billion) due to victims in Ireland.
However, the numbers still stand out in a country where reports of clerical sex abuse were virtually unknown a decade ago. They point to an increasing willingness among the Italian public and -- slowly -- within the Vatican itself to look squarely at a tragedy where the reported cases may only just be the tip of the iceberg. The Italian church will not release the numbers of cases reported or of court settlements.
The implications of priest abuse loom large in Italy: with its 50,850 priests in a nation of 60 million, Italy counts more priests than all of South America or Africa. In the United States -- where the Vatican counts 44,700 priests in a nation of 300 million -- more than 4,000 Catholic clergy have been accused of molesting minors since 1950.
The Italian cases follow much the same pattern as the U.S. and Irish scandals: Italian prelates often preyed on poor, physically or mentally disabled, or drug-addicted youths entrusted to their care. The deaf students' speech impairments, for example, made the priests' admonition ''never to tell'' all the more easy to enforce.
In this predominantly Roman Catholic country, the church enjoys such an exalted status that the pope's pronouncements frequently top the evening news, without any critical commentary. Even those with anti-clerical views acknowledge the important role the church plays in education, social services and caring for the poor.
As a result, few dare to criticize it, including the mainstream independent and state-run media. In addition, there's a certain prudishness in small-town Italy, where one just doesn't speak about sex, much less sex between a priest and a child.
''It's a taboo on top of a taboo,'' said Jacqueline Monica Magi, who prosecuted several pedophilia cases in Italy before becoming a judge. ''This is the provincialism of Italy.''
Breaking the conspiracy of silence, 67 former students from Verona's Antonio Provolo institute for the deaf signed a statement alleging that sexual abuse, pedophilia and corporal punishment occurred at the school from the 1950s to the 1980s at the hands of priests and brothers of the Congregation for the Company of Mary.
While not all acknowledged being victims themselves, 14 of the 67 wrote sworn statements and videotaped testimony, detailing the abuse they say they suffered, some for years, at the school's two campuses in Verona, the city of Romeo and Juliet. They named 24 priests, lay religious men and religious brothers.
Vantini said he, too, was silent for years.
''How could I tell my papa that a priest had sex with me?'' Vantini, 59, told the AP one afternoon, recounting through a sign-language interpreter the abuse he said he endured. ''You couldn't tell your parents because the priests would beat you.''
*articolo pubblicato il 14 settembre dal “ the New York Times"

Kyogen


Il 18 settembre un grande maestro giapponese - Mansaku Nomura - aprirà il Festival Internazionale del Teatro d’Europa - Piccolo Teatro Studio di Milano - con la sua compagnia di kyogen tradizionale.
Il kyogen - nato tra il XIV e il XV secolo - arte millenaria che nel 2001 l’Unesco ha nominato assieme al più celebre noh capolavoro del patrimonio orale e immateriale dell’umanità, approda ora al Piccolo di Milano dopo la visita di Ferruccio Soleri nello scorso mese di luglio al Setagaya Public Theatre di Tokyo con il nostro ormai storico patrimonio dell’umanità, ‘Arlecchino’.
Mansaku, Mansai e Mannosuke Nomura, esponenti di una delle due famiglie che - in Giappone - si tramandano da secoli questa forma teatrale antichissima (Mansai Nomura ha debuttato in teatro a soli tre anni e giovanissimo ha lavorato nel celebre film Ran di Akira Kurosawa) presentano al Piccolo Teatro tre pièce tratte dallo sterminato repertorio (oltre 250 opere): Bo-Shibari (Legato ad un palo), Kawakami (La sorgente del fiume Kawakami), Kagyu (La lumaca).
Il kyogen, che affonda le sue radici nei miti e nelle leggende e assume ancora oggi i caratteri di una cerimonia laica nella ritualità dei movimenti del corpo,della testa o delle mani, come nell’espressività degli occhi e che inizialmente era legato al ‘ noh’ di cui costituiva una sorta di intervallo farsesco, era considerato una parte indispensabile della rappresentazione, perché alleggeriva la tensione drammatica sottolineando gli aspetti ridicoli del reale.
Assunto il carattere di forma teatrale autonoma, il kyogen si sviluppa in brevi pièce comiche che hanno come temi la vita, le abitudini e i costumi della gente comune; recitato prevalentemente senza maschera, utilizza un linguaggio quotidiano, evita qualsiasi riferimento al soprannaturale - se non per parodia - e non prevede i personaggi nobili.

Traditional Kyogen
Piccolo Teatro Studio - via Rivoli 6 - dal 18 al 20 settembre 2009
Biglietteria telefonica 848800304 -
www.piccoloteatro.org

Che Dio ci liberi dai dossier



** Vittorio Feltri lo aveva detto dalle pagine della Stampa, rispondendo a una domanda sull'intenzione del presidente della Camera, Gianfranco Fini, di chiedere conto al direttore del Giornale di quanto scritto in un editoriale evocando dossier sexy riguardanti esponenti di An: «Le querele si fanno, non si annunciano». Detto, fatto. Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera, in veste di legale di Fini la querela a Feltri l'ha presentata davvero.
L'ANNUNCIO - «Dando seguito al mandato ricevuto dal presidente della Camera, Gianfranco Fini - ha fatto sapere l'avvocato Bongiorno - è stata presentata querela contro il direttore del giornale Vittorio Feltri in relazione all'articolo "Il presidente Fini e la strategia del suicidio lento. Ultima chiamata per Fini: O Cambia rotta o lascia il Pdl"». La nota ripresa dalle agenzie di stampa parla solo della querela a Feltri e non già anche al Giornale e al suo editore, ovvero Paolo Berlusconi.
VIttorio Feltri, direttore del Giornale (Emblema)
«AVVERTIMENTO MAFIOSO» - La vicenda tiene banco da ormai due giorni. Quanti si erano schierati in difesa del presidente del Consiglio, tra i tanti il ministro Ignazio La Russa, avevano detto esplicitamente di ravvisare una sorta di avvertimento a Fini nelle parole del direttore del Giornale. In particolare, non era piaciuta a molti una frase dell'editoriale: «È sufficiente, per dire, ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse riguardanti personaggi di Alleanza Nazionale per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme». Feltri, sempre nell'intervista alla Stampa, aveva detto a sua volta di considerare l'annuncio di querela da parte della Bongiorno come un «messaggio mafioso» perché, appunto, «le querele si fanno, non si annunciano».
«MA CHI E' IL MANDANTE?» - Sul tema interviene anche il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro: «Ci sono gli estremi tecnici per un tentativo di ricatto in atto, ma ci interessa capire chi è il mandante». «Feltri è l'utilizzatore finale - aggiunge l'ex pm -, ma per chi lavora quando manda messaggi pericolosi alla terza carica dello Stato? Io ho certezze processuali sul fatto che in passato il presidente del Consiglio è stato mandante. Se vuole denunciare anche me, ho "paccate" di documenti processuali che dimostrano il comportamento da mandante di Berlusconi, che ha dato ordini e disposizioni per liquidare attraverso dossier e veline i suoi rivali».
«CONDANNO L'ATTACCO DI FELTRI» - Dalle fila del centrodestra è invece il vice presidente della Camera, Maurizio Lupi, del Pdl, a chiedere uno stop al «gettarsi fango addosso». Nel commentare il contenuto dell'intervista di Giulio Tremonti al Corriere della Sera, in cui il ministro invitava a prendere in considerazione anche i rilievi sulla politica del Pdl mossi negli ultimi tempi dall'ex numero uno di An, Lupi ha esortato a evitare «l'imbarbarimento del clima» e ad un «confronto serio nel rispetto delle posizioni di ciascuno». E quanto a Feltri, Lupi ricorda come già avesse condannato l'attacco al direttore di Avvenire, Dino Boffo, e quella che definisce «la posizione giornalistica strumentale di Repubblica, sempre alla ricerca di un nemico da abbattere». «Ugualmente - afferma ora Lupi- non posso che condannare l'attacco che il direttore del 'Giornalè ha rivolto al presidente della Camera, Gianfranco Fini».
** 15 settembre - Corriere della sera.it

Che Dio ci liberi dai dossier. Si, perché pensiamo che la solitaria determinazione del nostro Presidente della Camera Gianfranco Fini sia aria fresca in un paese in cui a mancare è l’azione e il pensiero autenticamente liberali. Ed è - come saggiamente richiamato da Massimo Teodori in una lettera pubblicata sul Corriere del Sera ‘ paradossale che sia stato un esponente della tradizione neofascista a porre quelle rilevanti questioni di libertà, democrazia e stato di diritto che ovunque sono caratteristiche delle correnti liberali, conservatrici o riformatrici che siano.’ Così , in questo triste paese che sembra aver perso il senso dell’etica del fare e della Virtù, rapito dal vortice mediatico su escort, veline, celodurismo leghista, chi fa che cosa e con chi, assistiamo oggi ad un processo alle intenzioni nei confronti di chi osa porre la giusta e doverosa attenzione alla difesa dei diritti individuali di fronte alla sempre maggiore ingerenza del Vaticano, di chi osa porre dei limiti al dilagare del modello berlusconiano in assenza dei contrappesi del costituzionalismo liberale, di chi osa affrontare con chiarezza problematiche che attengono al prestigio dell’Italia nel mondo in difesa dello Stato e della relativa laicità. E che lo abbia fatto Fini, questo si dovrebbe costituire una minaccia: alla sopravvivenza del cosi detto Partito Democratico che di autenticamente liberale non ha nulla e di tutte quelle anime che pur liberali, ancora oggi non hanno avuto il coraggio di perseguire i propri obiettivi e uscire dal coro, senza ambiguità.

Un giorno con Giovanni


Così a volte succede che nel buio
si insanguini un volto, una mano
ci implori – così c’è
chi ignora e chi invece ha nel cuore
la comunione dei vivi e dei morti.”
Giovanni Roboni

Non è stato solo il grande poeta che tutti conosciamo, ammirato e tradotto nel mondo: Giovanni Raboni è stato un infaticabile lavoratore nel mondo dell'editoria, dove è stato dirigente, consulente, curatore di collane, autorevolissimo critico letterario, teatrale, per un paio d'anni anche cinematografico nonché giornalista attento ai problemi della vita sociale, culturale (la sua presenza nelle giurie dei più importanti premi letterari gli è costata la fatica di molte lotte, quasi tutte vittoriose), politica.

Il 16 settembre, giorno del quinto anniversario della morte, Milano ricorda questo suo cittadino e intellettuale "a tutto tondo".
Un giorno con Giovanni', proposto da Patrizia Valduga e condiviso con il Piccolo Teatro in collaborazione con la Fondazione Corriere della Sera, prevede un calendario di manifestazioni in vari luoghi della città.
Ricco e articolato il programma: alle 16,30 - alla Casa del Manzoni - verrà inaugurata la mostra “Il Catalogo è questo”, a cura di Giulia Raboni, che rimarrà aperta fino a martedì 27 ottobre. Articolata in 16 bacheche secondo un percorso bio-bibliografico, sempre però con attenzione alle esperienze che hanno avuto maggior peso nella attività poetica di Roboni: accanto ai documenti d’epoca (fotografie, lettere), vengono riportati testi autobiografici o poesie successivi che ne commentano l’influenza sulla sua vita e sulla sua formazione culturale (così i libri letti durante lo sfollamento a Sant’Ambrogio di Varese, il rapporto con Milano e l’ambiente culturale degli anni ‘60 e ovviamente la precoce perdita dei genitori). Preponderante l’attenzione alla attività poetica e pubblicistica, a partire dalle raccolte dei primi anni Sessanta, nelle bacheche successive, dove accanto ai libri sono esposte fotografie, lettere di amici e manoscritti.
Alle 18, nella Sala Buzzati della Fondazione Corriere della Sera, verrà presentato il volume “Giovanni Raboni – Il libro del giorno 1998-2003”, edito dalla Fondazione Corriere della Sera. All’incontro - coordinato da Paolo Di Stefano - interverranno Maurizio Cucchi, Massimo Onofri, Lanfranco Vaccai, mentre Giancarlo Dettori e Leonardo de Colle eseguiranno alcune letture di testi di Raboni.
Alle 20,30 l’appuntamento è al Piccolo Teatro Studio di via Rivoli per la serata “Nell’ora della cenere”, voce sola e quintetto d’archi, a cura di Giuseppina Carutti, con Franca Nuti e il Quartetto Indaco.
Dopo la giornata del 16 settembre sono in programma due altri appuntamenti. Il 27 ottobre alle 21 si terrà una visita notturna alla mostra della Casa del Manzoni, con letture di Anna Nogara, mentre il 28 ottobre, con inizio alle 9, all’Università di Milano, Sala Napoleonica (via Sant’Antonio 12), è in calendario una giornata di studi “La Storia di Raboni”.
Gli incontri sono a ingresso libero con prenotazione.

Mercoledì 16 settembre 2009
ore 20.30, Piccolo Teatro Studio (Via Rivoli, 6)
Nell’ora della cenere
voce sola e quintetto d’archi
a cura di Giuseppina Carutti
con Franca Nuti e Quartetto Indaco (Eleonora Matsuno - primo violino; Jamiang Santi - secondo violino;
Andrei Harabagiu - viola; Naomi Berrill - primo violoncello; Giacomo Grava - secondo violoncello)
Schubert - Quintetto per archi in do maggiore D 956 – Adagio
Martedì 27 ottobre
ore 21, Casa del Manzoni (Via Morone, 1)
Visita notturna alla mostra “Il Catalogo è questo
letture di Anna Nogara
Mercoledì 28 ottobre
dalle ore 9, Università degli Studi di Milano, Sala Napoleonica (via Sant’Antonio, 12)
Una giornata di studio
“La Storia di Roboni”
accolti da Elio Franzini e Giovanna Rosa
partecipano
Pier Vincenzo Mengaldo, Fernando Bandini, Maria Antonietta Grignani,
Gabriele Frasca, Rodolfo Zucco, Silvana Tamiozzo Goldmann, Stefano Giovanardi,
Fabio Magro, Marco Ceriani, Luca Daino, Gianni Turchetta, Dino Messina,
Enzo Golino, Gianni Mura, Moni Ovadia

Il razzismo al contrario adesso rischia di contagiare l’Italia

* La notizia migliore, nella vicenda del «bianco» costretto a scappare dal Sudafrica per le vessazioni da parte dei «neri», è che non abbia chiesto asilo a noi, ma al Canada. Finalmente qualcuno si è accorto che esistono territori immensi quasi disabitati, come appunto il Canada, secondo Paese al mondo, dopo la Russia, per estensione e con una densità demografica di 3 abitanti per chilometro (noi circa 200). Ho il dubbio, però, che questa scelta non sia dettata dalla scarsa popolazione, quanto dal fondato timore di ritrovarsi ben presto in Europa a rischio di maltrattamenti o almeno di sottomissione ai voleri dei tanti immigrati, di colore e non. Questa è, infatti, la verità: si tengono tanti discorsi per attutire, nascondere, motivare nei modi più diversi le difficoltà di convivenza fra gli immigrati e i vari popoli d'Europa, ma, di fatto, viviamo malissimo; e uno dei fattori principali di questa sofferenza è il timore, ormai inculcato in noi dai nostri governanti fin dalla nascita, che il malessere sia dettato dal razzismo.
Bene, tranquillizziamoci: il razzismo non c'entra per nulla. Stiamo male perché siamo costretti a vivere nello stesso territorio con popoli diversi da noi, e diversi prima di tutto fisicamente. Le diversità fisiche colpiscono subito e creano immediatamente un senso d'estraneità. È la Natura che fa sì che i parenti si somiglino fisicamente fra loro, i genitori con i figli, con i fratelli, e poi, gradualmente sempre meno: i nipoti, i cugini, fino alle somiglianze di gruppo…L'uguaglianza, cui ci si riferisce oggi in continuazione, è un valore meta-fisico, di cui sono in possesso tutti gli esseri umani in quanto esseri umani, prescindendo da qualsiasi altro connotato, fisico, psichico, sessuale, etnico… ma si tratta di un valore filosofico, difficilissimo da comprendere e da realizzare, e che non ha nulla a che fare con uguaglianze concrete, di cui, per fortuna, non esistono esempi in natura. Non c'è foglia uguale ad altra foglia, come dice un vecchio e saggio adagio popolare. L'estraneità fisica è la caratteristica maggiore che impedisce agli uomini di potersi «identificare» l'uno nell'altro, sentirsi psicologicamente «simili». Maschio e femmina lo sanno benissimo: è impossibile per una donna identificarsi in un maschio, e viceversa.
Ma è ugualmente quasi impossibile per un «bianco» identificarsi in un «nero»: comprendere i sentimenti, le percezioni, i gusti, intuire il tipo di intelligenza, le reazioni, gli interessi. Se si aggiunge a questo dato di partenza, la differenza di lingua, di religione, di storia culturale, ci si rende conto che vivere sullo stesso territorio non significa vivere «insieme». Non si amano le stesse cose; non si desiderano le stesse cose; soprattutto non si lavora per lo stesso futuro, non si hanno le stesse mete.Prendiamo come esempio gli immigrati musulmani da noi. Vivono in un Paese la cui storia è segnata costantemente dalla ricerca del «bello» in tutte le sue forme, disseminato di architetture, sculture, pitture, che ne testimoniano la storia, dai resti dell'antica Roma alle innumerevoli cattedrali, abbazie, castelli, palazzi… Ebbene, ai musulmani, come a tutti i popoli che obbediscono all'Antico Testamento, è vietata ogni forma di «rappresentazione», il che significa che tutte le opere d'arte di cui l'Italia è piena, essi non le possono né capire, né apprezzare, e che, non appena sarà in loro potere farlo, le distruggeranno. Nessuno pensi che non sarà così: non ha, forse, la Chiesa dei primi secoli, distrutto, cancellato, tutti i monumenti di Roma, perfino gli acquedotti, le fognature, i fori, gli anfiteatri?
Perché mai gli immigrati non dovrebbero avere come meta di poter governare, avere la maggioranza, poterci dominare? Sono uomini e come tali non possono desiderare altro che lasciare la propria impronta nella storia, far vincere la propria lingua, la propria religione, il proprio gruppo… Insomma, se non si cambia del tutto la rotta seguita fino ad oggi, noi non abbiamo futuro. È vero che il loro progetto è quello del Governo Mondiale, con l'unificazione di tutti i popoli, di tutte le religioni, ma sarà bene richiamarli alla realtà: hanno costretto al silenzio, all'umiliazione, addirittura al rimbambimento gli europei ponendogli sempre di fronte le stimmate della seconda guerra mondiale, ma esistono, oltre agli immigrati in Europa, miliardi di uomini, in Cina, in India, in America Latina, che non si piegano davanti alla onnipotente presunzione della guida americana e che manderanno all'aria ogni idea di uguaglianza unificatrice e di governo mondiale.Non sarebbe, dunque, urgente che anche noi, gli Italiani, gli Europei, riprendessimo in mano la nostra vita, il nostro futuro? Cosa hanno fatto di male i giovani italiani, i giovani tedeschi, nati tanto tempo dopo il fascismo, dopo il nazismo, perché debbano ancora tenere bassa la testa, umiliarsi, chiedere perdono? Questo è il razzismo, questa è l'eredità genetica, questa è la peggiore delle ingiustizie.
L'Unione Europea è in crisi perché era fin dal principio un'idea irrealizzabile. Ancor più irrealizzabile è l'idea dell'Unione Mondiale.
Cominciamo a lavorare per sopravvivere come italiani.

* Ida Magli – 3 settembre 2009 – il Giornale.it