Mutilazioni genitali femminili: un progetto dell'IS Donne

Di seguito l'intervento di Pia Locatelli -  Presidente dell'Internazionale Socialista donne- pubblicato sull'Avanti della Domenica.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Unicef, ogni anno milioni di bambine sono sottoposte alle mutilazioni genitali femminili che compromettono la loro salute, non rispettano i loro diritti umani, violano l’integrità del loro corpo. Si stima che nel mondo più di 130 milioni abbiano subito questa pratica, con la giustificazione della tradizione e delle identità culturali.
Nulla di più falso, nulla di più sbagliato: le religioni, compresa quella islamica, sono totalmente estranee a questa pratica che è pre-islamica, pur essendo diffusa tra Paesi di quella religione. Ora si sta diffondendo in Europa attraverso le migrazioni e quindi è anche problema di casa nostra.
Uno studio condotto dall’OMS nel 2006 sugli effetti delle mutilazioni genitali femminili su partorienti e neonati durante il parto evidenzia che le donne mutilate hanno parti più difficili e che il tasso di mortalità neonatale è più alto; non solo: il grado di complicazioni aumenta quanto più severe sono le mutilazioni.
Le mutilazioni genitali femminili sono una chiara violazione dei diritti umani delle donne e delle bambine ed una forma crudele di discriminazione, condannata da molte Convenzioni e Strumenti legali. Vanno combattute con determinazione e senza incertezze: il rispetto della cultura e della tradizione non può essere invocato quando i diritti umani, per definizione universali, indivisibili, interdipendenti, sono violati. Le mutilazioni genitali femminili sono una delle più crudeli forme di violenza alle bambine, una violenza che le segnerà per la vita nel corpo e nell’anima.
Per questo l’Internazionale Socialista Donne ha deciso di celebrare il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, con un’azione di solidarietà concreta, finanziando un progetto per contribuire alla eliminazione delle mutilazioni genitali femminili in una regione del Kenia, la Valle del Rift, tra la popolazione Pokot. Il progetto prevede una duplice azione: sensibilizzazione culturale (non solo far capire che le mutilazioni genitali femminili sono inutili, ma soprattutto spiegare le conseguenze e i danni che  provocano) e un’attività di formazione professionale delle “mammane-mutilatrici”, cioè le donne che vivono di mutilazioni, dato che questo è il loro lavoro, per offrire loro un’alternativa con un lavoro vero.
Il progetto è finanziato dal Fondo Gabriel Proft, amministrato dall’Internazionale Socialista Donne, ed è svolto in collaborazione con la Setat Women’s Organisation del Kenia, che fa parte del Comitato Inter-Africano contro le Pratiche Tradizionali.
Il Fondo fu istituito  nel 1969 e riceve contributi e donazioni dalle organizzazioni che fanno parte dell’Internazionale Socialista Donne e da singole persone. Il suo obiettivo è quello di finanziare progetti per le donne nei Paesi in via di sviluppo, ricordando e onorando così l’impegno costante di Gabriel Proft in questo ambito. Gabriel Proft era una socialista austriaca vissuta tra l’Ottocento e il Novecento, segretaria dell’organizzazione delle donne del partito membro dell’Internazionale, parlamentare per molti anni, tra le più attive nella riorganizzazione dell’Internazionale Socialista Donne dopo la seconda guerra mondiale. Grazie a lei e al fondo a lei dedicato sono stati realizzati progetti in diversi Paesi soprattutto africani.
Il fondo è aperto a contributi di tutti e tutte. 

Un contributo al fondo è un modo concreto per celebrare il 25 novembre 2010.


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Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne