Testamento biologico: Veronesi contro Franceschini

Lettera aperta all’onorevole Franceschini - pubblicata su Micromega- di Umberto Veronesi, Andrea Camilleri, Stefano Rodotà, Paolo Flores d'Arcais: gli emendamenti del Pd sulla legge "fine-vita" non sono una mediazione, sono una resa.

Stimato onorevole Franceschini,
appena eletto segretario del Partito democratico, lei ha fatto riferimento alla laicità come valore irrinunciabile del suo partito, in quanto valore irrinunciabile della carta costituzionale. Il banco di prova della coerenza pratica rispetto a questa affermazione è costituito dall’atteggiamento che il suo partito assumerà nella discussione sulla legge cosiddetta “fine-vita”.Laicità significa che nessuna convinzione religiosa o morale viene imposta per legge da un gruppo di persone, per quanto ampio, alla totalità dei cittadini. E questo vale più che mai per quanto riguarda ciò che è più proprio di ciascuno, che fa anzi tutt’uno con la propria esistenza, la sua stessa vita, e la parte finale di essa. E infatti la Costituzione della Repubblica nel suo articolo 32, e la convenzione di Oviedo ratificata dall’Italia, la legge sul servizio sanitario nazionale, e numerose e univoche sentenze della Cassazione negli ultimi anni, stabiliscono in modo tassativo che nessun cittadino può essere sottomesso a “interventi nel campo della salute” senza il suo consenso (debitamente informato) e che tale consenso può essere ritirato in qualsiasi momento. La convenzione di Oviedo evita ogni distinzione tra “cure” e altri interventi (“di sostegno vitale”, ecc.) proprio perché non si possa giocare sulle parole e violare così il diritto del paziente di rifiutare qualsiasi trattamento medico e/o ospedaliero (tranne che per gli eccezionali motivi di sicurezza pubblica: epidemie, vaccini e simili).Sulla propria vita, insomma, può decidere solo chi la vive, e nessun altro. Questo l’abc della laicità che l’Europa tutta ha adottato in campo medico, confermando l’essenzialità del consenso informato nell’articolo 3 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.Il disegno di legge Calabrò distrugge tale diritto. All’art. 2, comma 2 dice infatti: “L'attività medica, in quanto esclusivamente finalizzata alla tutela della vita e della salute, nonché all'alleviamento della sofferenza non può in nessun caso essere orientata al prodursi o consentirsi della morte del paziente, attraverso la non attivazione o disattivazione di trattamenti sanitari ordinari e proporzionati alla salvaguardia della sua vita o della sua salute, da cui in scienza e coscienza si possa fondatamente attendere un beneficio per il paziente”. Il che significa che Piergiorgio Welby non potrebbe far disattivare il respiratore artificiale, e che Luca Coscioni non avrebbe potuto rifiutare la tracheotomia, e che l’amputazione di un arto che va in gangrena diventerebbe coatto, e così la trasfusione di sangue anche a chi la rifiuta per motivi religiosi (tutti rifiuti garantiti oggi dalla legge e più volte applicati fino al “prodursi della morte del paziente”).Non basta. L’articolo 5 comma 6 stabilisce che “Alimentazione ed idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento”. In tal modo il cosiddetto testamento biologico diventa una beffa. Qualsiasi cosa abbia stabilito il cittadino, davanti a un notaio e reiterando le sue volontà ogni tre anni, il sondino gli sarà messo in gola a forza. I medici delle cure palliative hanno del resto spiegato drammaticamente che alimentazione e idratazione non alleviano ma moltiplicano e intensificano le sofferenze nei malati terminali. Queste sofferenze aggiuntive, che è difficile non definire torture in malati in quelle condizioni, diventano con questa legge obbligatorie.E’ evidente il carattere anticostituzionale di tale legge, ma anche il suo carattere semplicemente disumano. Purtroppo gli emendamenti proposti dal suo partito (primo firmatario Anna Finocchiaro) lasciano intatta la violenza dell’articolo 2 comma 2, e aprono solo un modesto spiraglio rispetto a quella dell’articolo 5 comma 6. Non parliamo della cosiddetta “mediazione” di Rutelli, praticamente indistinguibile dal disegno di legge della maggioranza, e che non a caso è stata benevolmente accolta dall’on. Quagliariello.Il Partito democratico aveva il suo progetto di legge da anni, e con tale programma andò alle elezioni che portarono al secondo governo Prodi: la legge firmata da Ignazio Marino. Ogni passo indietro rispetto a tale proposta sarebbe una rinuncia pura e semplice ai diritti elementari sanciti dalla Costituzione, dalla convenzione di Oviedo, dalle sentenze della Cassazione.Abbiamo letto che il suo partito sarebbe comunque orientato a dare ai suoi parlamentari “libertà di coscienza” al momento del voto. Ci sembra che tale atteggiamento sia frutto di un fraintendimento molto grave.Se venisse presentato un disegno di legge che stabilisce la religione cattolica come religione di Stato, proibisce il culto ai protestanti valdesi e obbliga gli ebrei a battezzare i propri figli, sarebbe pensabile - per un partito politico che prenda sul serio la Costituzione - lasciare i propri parlamentari liberi di “votare secondo coscienza”, a favore, contro, astenendosi? O non sarebbe un elementare dovere, vincolante, opporsi a una legge tanto liberticida?La legge ora in discussione sulle volontà di fine vita è, se possibile, ancora più liberticida (e disumana) di quella sopra evocata. Non costringe al battesimo forzato, costringe al sondino forzato, al respiratore forzato, a qualsiasi accanimento che prolunghi artificialmente una vita che, per la persona che la vive, non è più vita ma solo tortura. Peggiore quindi della morte. In ogni caso la libertà di coscienza del parlamentare non può essere invocata per violare e cancellare la libertà di coscienza delle persone.Siamo certi perciò che nulla di tutto questo accadrà, e che in coerenza con il valore della laicità da lei riaffermato, il Partito democratico non tollererà scelte che violino, opprimano e vanifichino l’elementare diritto di ciascuno sulla propria vita.
Andrea Camilleri ,Paolo Flores d’Arcais, Stefano Rodotà, Umberto Veronesi
25 febbraio 2009
Non stupisce, considerata la risposta del neo eletto Segretario alla lettera appello di cui sopra, che il Partito Democratico sia votato – ora e probabilmente negli anni a venire - alla sconfitta.
E questo è il prezzo che questa ‘ sinistra democratica’ pagherà ora e sempre, per aver escluso la componente socialista e i riformatori di area liberale dalle sue fila.
I nostri migliori auguri, onorevole Franceschini.

Ezra Pound, lo scandalo libertario


dal Blog di Dino Messina “La nostra storia”


«Beauty is difficult», scriveva Ezra Pound: la bellezza è difficile. E senz' altro è difficile capire come uno dei geni poetici del Novecento volesse conciliare Benito Mussolini e Thomas Jefferson, la libertà e la scelta per la Repubblica sociale. A sciogliere queste contraddizioni in un «elogio libertario di Ezra Pound» ci ha provato la settimana scorsa sul Corriere della Sera il filosofo Giulio Giorello in un articolo dedicato a un saggio di Pound tradotto da Andrea Colombo per la prima volta in italiano, Il carteggio Jefferson Adam come tempio e monumento (Edizioni Ares, introduzione di Luca Gallesi). L' intervento di Giorello non è passato inosservato. Non ci riferiamo tanto al commento entusiastico di Luciano Lanna sulla prima pagina del Secolo d' Italia, «Pound (come Jünger) era un libertario», quanto all' attenzione che ad esso ha dedicato Giano Accame, ex direttore del Secolo d' Italia, ma soprattutto uno dei maggiori esperti italiani del pensiero politico di Pound. «Negli anni Novanta avevo pubblicato per Settimo Sigillo il saggio Pound economista. Contro l' usura - ci dice Accame -. Un lavoro cui mi dedicai quando Pound, soprattutto per i lavori poetici, era stato ampiamente rivalutato dalla critica di sinistra, a cominciare dai fondamentali saggi del professor Massimo Bacigalupo, che collaborava al manifesto e, detto per inciso, era figlio del medico italiano dell' autore dei Cantos. Mi sembra che l' intervento di Giorello possa rappresentare l' inizio della rivalutazione non soltanto poetica, ma del pensiero complessivo di Pound, anche alla luce della crisi finanziaria internazionale».
Che cosa c' entra, si potrebbe obiettare, il crollo dei mercati finanziari, evocato peraltro anche da Giorello, con il poeta americano che aveva scelto di vivere in Italia? «Pound - spiega Accame - si reputava un patriota, legato ai valori della Costituzione, che affidava al Congresso di Washington la custodia della moneta. Egli considerava un' abiura della sovranità popolare l' aver delegato la gestione della moneta e della finanza alla Banca centrale, un ente i cui responsabili non rispondono delle proprie azioni al popolo. Da questa concezione derivava la proposta ingenua di una moneta deperibile... Al di là degli aspetti utopistici e sconclusionati del suo pensiero economico, restano oggi, in questa situazione, i moniti profetici. Pound considerava i poeti come le antenne di un popolo».Pensiero economico a parte, definire «libertario» uno scrittore che si schierò pubblicamente per la Repubblica sociale italiana può essere visto da alcuni intellettuali di sinistra come un' impostura. «Non è affatto un' impostura - risponde Accame - perché il sogno finale di tutti i grandi intellettuali fascisti, da Giovanni Gentile all' eretico Berto Ricci e all' artista Mario Sironi, era realizzare la grandezza italiana nella libertà. Il fatto poi che Pound fosse vicino al fascismo in declino rispondeva un po' alla natura dei pionieri americani, gente costretta a fuggire perché negletta nella propria terra».Internato in un campo di concentramento vicino a Pisa, dove scrisse i Canti pisani, da alcuni considerato il meglio della sua produzione, Pound passò poi dodici anni in un manicomio criminale a Washington, ma l' America non ebbe mai il coraggio di condannare per tradimento uno dei suoi geni. Nessuno può negare la tensione libertaria di testi composti in un campo di prigionia. Tuttavia, osserva Luigi Sampietro, docente di letteratura angloamericana all' Università Statale di Milano e frequentatore tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta di casa Pound a Brunnenburg, vicino a Merano, «non si deve confondere tensione democratica, certamente presente in Pound, e liberalismo, che è l' espressione culturale del mercato. In fondo Adams e Jefferson condussero una guerra economica, per la liberalizzazione del mercato, diedero l' indipendenza alla propria terra perché non volevano pagare tasse. Ezra Pound, invece, con la sua ossessione contro l' usura, da cui derivava il suo antiebraismo, e l' invenzione di una moneta deperibile basata sul valore accumulato con il lavoro, contrapposto al denaro neutro valido per tutti, si ispirava in fondo a principi antiliberali. Chi potrebbe realizzare, se non una dittatura con un' economia dirigista, la carta-lavoro ipotizzata dall' autore dei Cantos?».
D'accordo con «l' elogio libertario» scritto da Giulio Giorello è lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco, autore di Cabaret Voltaire (Bompiani). Tuttavia, dice Buttafuoco, il contesto politico-culturale del nostro Paese ci costringe sempre « alla scoperta dell' acqua calda. Sì, ha capito bene: scoperta dell' acqua calda. Perché fin quando non ci libereremo dell' incubo antifascista, non ci potremo accostare con serenità al grande patrimonio culturale del Novecento. E non solo, perché ricordo che in Italia la cultura marxista più retriva ha messo in dubbio persino i filosofi presocratici, considerandoli antesignani del pensiero negativo. Come per Pound, oggi assistiamo alla rivalutazione del Futurismo, dopo che per anni ci hanno annoiato con le scoperte della transavanguardia. Ci rendiamo conto soltanto adesso che il Futurismo è stato il maggiore movimento culturale italiano assieme al Rinascimento? Certo, ebbe anche una valenza politica».

Le figlie di Lilith


Venerdì 27 febbraio 2009 presso l'Unione Femminile Nazionale di Milano, reading con Valeria Palumbo autrice di " Le figlie di Lilith. Vipere, dive, dark ladies e femmes fatales. L'altra ribellione femminile".

Musica, immagini e parole per una piacevole e stuzzicante lettura accompagnata dalla voce recitante di Sonia Grandis, ai fiati e alle tastiere da Walter Colombo e Giovanni Tosi, per una serata in cui far discutere animatamente 'maschi e femmine' e scoprire quanto arte, letteratura e cinema debbano alle donne.


«Hanno rotto tabù, sconvolto abitudini, fatto scandalo. Soprattutto hanno scavalcato i limiti da sempre imposti alle donne. All'inizio erano soltanto un drappello di signore che procedevano in ordine sparso. Poi, i loro modi sono diventati costume: eccola l'altra ribellione femminile che cambia mode, atteggiamenti culturali e rapporti di forza. Da la Bella Otero a Lola Montez, da Liala a Theda Bara, da Colette alla Contessa Lara, da Alma Mahler a Anna Fougez, il mito letterario e artistico della femme fatale e della dame sans merci si è trasformato così, a partire dalla Belle époque e fino agli anni Venti, in quello della diva»


Laureata con una tesi di storia delle donne, Valeria Palumbo è membro della Società italiana delle storiche. Ha pubblicato: 'Prestami il volto' - Selene 2003 - sulle compagne di artisti famosi, vincitore del premio Il Paese delle donne; 'Lo sguardo di Matidia' - Selene 2004 -sulle matrone romane; 'Le Donne di Alessandro Magno' -Sonzogno 2005; 'Donne di Piacere', Sonzogno 2005 ; 'La perfidia delle donne' , Sonzogno 2006 e 'Svestite da uomo' ,Bur 2007.

Unione Femminile Nazionale C.so di Porta Nuova, 32 - 20121 Milano ore 19 ingresso libero

Amleto e la crisi dell’uomo moderno

Il Piccolo Teatro di Milano si ferma a una nuova “stazione” dell’ideale percorso shakespeariano avviato con il 'Sogno' di Ronconi, i 'Sonetti' letti da Marianne Faithfull, il Romeo & Juliet (are dead) del Charioteer e che si concluderà alle soglie dell’estate con il Mercante di Venezia della compagnia inglese Propeller, con l’Amleto - in scena nella sala dello Strehler dal 24 febbraio all’8 marzo - prodotto dal Teatro Biondo di Palermo, in collaborazione con il Teatro Stabile di Catania.
Ancora i versi del Bardo, dunque, per una tra le più conosciute tragedie di Shakespeare, qui proposta in una veste compiuta e definitiva nella traduzione di Alessandro Serpieri, regia e scene di Pietro Carriglio e musiche originali di Matteo D’Amico.
Il regista offre una lettura teatrale molto ampia – scrive Serpieri - fedele al testo e allo stesso tempo ricca di invenzioni finalizzate alla esplorazione di quel “mistero” che Amleto rinserra nelle sue molteplici quinte”.
E Carriglio d'altronde fin dall’inizio della sua attività di regista, ha dedicato un’attenzione particolare al teatro di Shakespeare - non solo per la sua grandezza e unicità letteraria e drammaturgia - ma perché costituisce la più complessa espressione di un’epoca di grandi stravolgimenti (per certi versi paragonabile alla nostra), dove si assiste al crollo di valori e certezze. Amleto, in particolare, viene assunto non solo quale simbolo della crisi dell’uomo moderno di fronte al destino e alle proprie responsabilità, quanto esemplare metafora del teatro come visione del mondo.


Piccolo Teatro Strehler, largo Greppi (M2 Lanza) – dal 24 febbraio all’8 marzo 2009
In tournèe a Venezia (10-15 marzo), Padova (17-22 marzo), Roma (24 marzo- 5 aprile), Trieste (14-19 aprile), Brescia (21-26 aprile)

Profumo del tempo

C’è un tempo che non cancella e non muta ciò che sta oltre la vita: ci chiama, attraverso il suo profumo, come nei colori accesi della fantasia.
In continuo ascolto.
Così, nei colori accesi di questo giorno che non teme tempeste del cuore, questi ditirambi aprono nel ricordo di un uomo, di un padre, il mio: quell’uomo si chiamava Arturo, classe 1928, un uomo semplice quanto straordinario.
E per celebrare la memoria di tutti gli uomini semplici, gli uomini di un tempo cui bastava la parola data e l’esempio sopra ogni altra cosa quale simbolo a richiamare la Virtù, faccio mia la lettera più bella che una donna, una figlia , abbia mai scritto a un padre: quella di Oriana Fallaci.

“…un bravo cittadino che insieme ai diritti invocava i doveri e ad ogni pretesto brontolava ‘oggi si parla troppo di diritti e troppo poco di doveri’. Un democratico coerente che tollerava gli avversari più odiosi e si ribellava con civiltà agli abusi pubblici e privati. Un nemico della furbizia che disprezzava i compromessi e le ipocrisie quanto i fanatismi. Un saggio che non cercava, che non ha mai cercato, il potere e il successo. Un probo che non desiderava, che non ha mai desiderato, la ricchezza e la fama. Infatti ha sempre vissuto del suo lavoro malpagato e poi della sua pensione, questo piccolo grande uomo che agli sciocchi sembrava un uomo qualsiasi, un uomo che non contava nulla (o) contava poco. Non si smentì mai, non tradì mai, non tradì mai se stesso.
Voglio che conosciate come è morto...E' morto come è vissuto, con indicibile coraggio e incantevole dignità. E' morto combattendo l'unico nemico che potesse piegarlo e distruggerlo: la malattia che uccide. Per lunghi mesi e poi strazianti settimane le ha resistito come resistette agli aguzzini di Mario Carità, le ha fatto la guerra come la faceva ai fascisti di ogni chiesa e di ogni colore. E ha perduto, stavolta. Non perchè avesse ottantaquattroanni ( era un vecchio forte, fino a poco tempo fa si arrampicava sugli olivi con agevolezza, avrebbe potuto vivere ancora), ma perchè la malattia che uccide era troppo più forte di lui. Però ha perduto bene. A testa alta, a denti stretti, da eroe. Dalla sua bocca non è mai uscito il più infinitesimale lamento. Mai. Non ha mai dato un attimo di soddisfazione a quel nemico. Mai. Fino all'ultimo. E mentre moriva tra le mie braccia a mezzogiorno di domenica scorsa, gliel'ho detto " Babbo - che uomo coraggioso sei! Che uomo straordinario!" Credo che mi abbia udito, che sia morto ascoltando quelle parole. Era lucido. Comunque glielo dico di nuovo, dinanzi a voi, con sterminata ammirazione, sterminata fierezza " Babbo, che uomo coraggioso sei, che uomo straordinario!". E dinanzi a voi, insieme alle mie sorelle, lo ringrazio per tutto quello che mi ha dato, che ci ha dato, per tutto quello che mi ha insegnato, che ci ha insegnato. Per esempio, a dire pane al pane e vino al vino, a non aver paura di nulla e nessuno, ad essere persone perbene. Lo ringrazio delle sue severità, delle sue inflessibilità, delle sue intransigenze. Lo ringrazio delle sue tenerezze nascoste, del suo amore burbero e profondo, senza smancerie e senza tradimenti. Lo ringrazio anche del rispetto che aveva per le donne, questo femminista ante-litteram. Quest'uomo antico e così moderno. E poi lo ringrazio per quello che ha dato agli altri, al paese, con le sue lotte mai celebrate e i suoi sacrifici mai ricompensati e il suo esempio sottile, mai applaudito.”

Di un padre - di un uomo - una figlia : con gratitudine, amore e infinito rimpianto. Eloisa Dacquino

Città che sale...

Di seguito all' intervista rilasciata da Abbruzzese sulle pagine del Corriere della Sera a proposito di un nuovo Manifesto della Cultura, riteniamo non ci sia bisogno di nuovi eroi del lavoro: gli attuali perdono la loro sfida perché perdono paradossalmente la vita e i dati sconfortanti in tema di prevenzione e protezione sono lì, davanti ai nostri occhi, a dimostrarlo.
Serve nuovamente l’esempio legato all’etica del fare, l’esempio che non ha bisogno di mediazione alcuna perché la forma è - da sempre - sostanza.
Gli uomini e le donne che hanno prodotto innovazione e mutamento nel campo sociale, civile, economico,del secolo scorso, sono gli stessi che hanno saputo coniugare cultura, virtù e necessità di nuovi e più ampi spazi di libertà tanto nel campo delle arti, quanto dei mestieri.
Nelle prestigiose istituzioni culturali che proprio a inizio secolo videro la luce a Milano, dando alla città la fama di 'capitale economica e morale del Paese', troviamo piena espressione di quel saper fare illuminato di una società – quella milanese – che seppe coniugare allo sviluppo economico, passione civile, solidarietà, cultura, includendo le fasce più deboli nella crescita comune attraverso valori condivisi.
L’idea che ha mosso il sogno dell’Avanguardia al potere, che proprio a Milano è nata e si è sviluppata, testimonia il motore di quel progresso che ha saputo coniugare la capacità di ‘fare’ unitamente alla capacità di veicolare le conoscenze, gli spazi, gli ideali a tutta la società: nessuno escluso,gratuitamente.
Dare continuità a quel sogno, a quel progetto, è far vivere nella memoria collettiva il ricordo di una stagione ricca di fermento e partecipazione culturale, politica, con al centro comportamenti virtuosi nell’economia quanto nella solidarietà.
Città che sale’ - in continuo movimento per dirla con Boccioni - ma con al centro l’uomo, i suoi bisogni, la necessità al bello in tutte le sue forme e declinazioni.
Ecco allora che la proposta di Davide Rampello per un nuovo Manifesto della Cultura, troverebbe si legittimazione, non solo rispetto alla grande crisi economica quanto civile e morale del paese, che al centro delle riflessioni odierne necessariamente deve includere la ‘centralità della risorse umane’ nei contesti organizzativi tutti, come accadde dopo la grande crisi del ’29 negli Stati Uniti d’America, quando le industrie si accorsero che le teorie legate allo Scientific Management non potevano più rispondere alla necessità di nuove forme di integrazione, crescita, efficienza e produttività: mancava l’uomo.
Così, rispetto alla società dell’immagine richiamata da Alberto Abruzzese nella sua intervista al Corriere della Sera, vi è la necessità di stimolare nuovamente il ruolo attivo delle persona, la centralità dell’uomo nei processi di crescita e trasformazione.
La domanda allora è: sapremo noi dare continuità , ora, a quel progetto di modernità che è stata la Milano dei primi del secolo scorso? di Eloisa Dacquino

L’École des femmes

Un Molière d’eccezione quello in scena dal 18 al 21 febbraio al Piccolo Teatro Strehler , con Daniel Auteuil e il ‘suo’ Arnolphe in “L’école des femmes”.
Dunque un grande divo del cinema francese unitamente a Jean-Jacques Blanc, Bernard Bloch, Michèle Goddet, Pierre Gondard, David Gouhier, Charlie Nelson e Lyn Thibault, calcherà le scene del Piccolo di Milano diretto da Jean-Pierre Vincent che torna - a scadenza quasi decennale - a rappresentare il commediografo francese dopo ‘Il Misantropo’, ‘Le furberie di Scapino’ ( già con la presenza di Daniel Auteuil nel 1990) e ‘Tartufo’.

Primo vero e importante attacco di Molière contro alcuni meccanismi del potere - del resto sempre attuali e più attivi che mai - ‘L’école des femmes’ ha per protagonista Arnolfo, vecchio tiranno e tutore della giovane Agnese il quale, credendo di poter manipolare a proprio piacimento la natura femminile plasmandola a modo suo e addirittura deformandola, riserverà alla sua pupilla una educazione rigida e chiusa. Ai suoi occhi, l’autorità assoluta del tutore deve occupare qualunque spazio, anche quello nel quale dovrebbe trovare posto l’autonomia e la libertà della sua pupilla. Tagliata fuori dal mondo, Agnese sarebbe così solo una marionetta per il ventriloquo, ma Arnolfo si scontrerà con la realtà e dovrà ammettere che il genere umano non è come un impasto che può essere modellato passivamente e che il mondo esterno, cacciato dalla porta, rientrerà inevitabilmente dalla finestra.

La 'scuola delle mogli' ci attende, dunque, per quattro serate da non mancare.

Piccolo Teatro Strehler, largo Greppi (M2 Lanza) – dal 18 al 21 febbraio 2009

Due ore con...

"Precario, flessibile, sicuro: il lavoro che cambia – confronto fra le teorie e i soggetti del lavoro", questo il tema del secondo appuntamento di “Due ore con”, un ciclo di incontri promossi da Enel in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano, in cui si confrontano personalità legate al mondo dell’informazione, della cultura, dell’economia, della politica, delle istituzioni.

Giovedì 19 febbraio alle ore 17.30 presso il Piccolo Teatro Studio di Via Rivoli (ingresso libero fino a esaurimento posti), prendono parte al dibattito Gad Lerner, giornalista e autore della trasmissione L’Infedele, Michele Tiraboschi - docente di Diritto del Lavoro presso le Università di Modena e di Reggio Emilia e Giovanna Zucconi, giornalista, scrittrice e autrice. Modera l’incontro Giuliano Da Empoli, sociologo e scrittore.

Al centro del dibattito il significato del lavoro nel mondo moderno, le parole e i contenuti di un sistema economico e sociale che ha conosciuto un’evoluzione straordinaria. In un momento congiunturale come quello che stiamo attraversando - anche alla luce del nuovo modello di contrattazione - le tematiche legate all’occupazione, alla precarietà e alla flessibilità che quotidianamente suscitano discussioni e polemiche.

Aria Laica

Martedì 17 febbraio presso la Sala Alessi di Palazzo Marino verrà presentata ‘ARIA LAICA – per respirare tutte e tutti’, la Consulta Milanese per la Laicità delle Istituzioni.

Insieme di associazioni ispirate a diverse concezioni del mondo, ‘Aria Laica’ si propone di diventare luogo di scambio e di confronto per coloro che operano in difesa della laicità delle istituzioni. “In Italia crescono le pressioni, soprattutto della Chiesa cattolica, per stravolgere la laicità dello Stato, mentre altre visioni del mondo subiscono un soffocamento politico e mediatico. La Consulta intende operare - attraverso iniziative di informazione e formazione – per la pari dignità e libertà di espressione, contrastando privilegi e fondamentalismi. La laicità è al tempo stesso valore e metodo, essendo volta a difendere uno spazio pubblico neutro, comune a tutti i cittadini e le cittadine, indipendentemente dalle loro convinzioni etiche o religiose, come dettano la Costituzione italiana e la Carta dei Diritti Umani. La Consulta intende battersi affinché venga riconosciuto il primato della libertà di scelta e della coscienza individuale sui temi “eticamente sensibili”, opponendosi all’approvazione di leggi che tendano a imporre a tutti la stessa morale”.

Tra gli interventi previsti quelli del costituzionalista Vittorio Angiolini , del ginecologo Francesco Dambrosio, della giurista Marilisa d’amico, di Mina Welby, della filosofa Roberta de Ponticelli, della sociologa Marianella Sclavi e il contributo in video di Moni Ovadia.
martedì 17 febbraio 2009, ore 21.00 Sala Alessi - Palazzo Marino - Piazza della Scala 2 - milanolaica@gmail.com

La Santa e la Spudorata

In equilibrio tra storia e memoria, Emma Scaramuzza compie un viaggio che restituisce intatto - liberandolo - il senso delle nostre radici: "La Santa e la Spudorata - Alessandrina Ravizza e Sibilla Aleramo" è la storia di un'amicizia fra donne (apparentemente diverse), impegnate in un progetto di libertà e rinnovamento sociale che attraverso un'indagine rigorosa e partecipe illumina l'evoluzione dell'intellettualità femminile tra Otto e Novecento.
L'autrice, ricercatrice di Storia contemporanea presso l'Università degli Studi di Milano, colma un vuoto nel panorama editoriale offrendo un tassello importante al dibattito ancora aperto su maternità, sessualità, denaro, creazione artistica, politica: muovendo dalla storia dell'amicizia tra la filantropa Alessandrina Ravizza (1846 - 1915) e la femminista 'nuova' Sibilla Aleramo (1876 - 1960), intreccia vite ed esperienze di una molteplicità di figure femminili tra cui spiccano Anna Kuliscioff e Giacinta Pezzana, Ersilia Majno e Maria Montessori, Linda Malnati e Eleonora Duse.
Esperienze di vita ora incrociate, ora parallele, per un viaggio nel tempo da una generazione all'altra di «donne nuove», che agli inizi del Novecento emerse prepotentemente conquistando spazi di autonomia e libertà : attraverso un toccante carteggio, Emma Scaramuzza muove tra le fessure di un remoto sottosuolo, richiamando dall'oblio la memoria di quella élite di donne che agli inizi degli anni Settanta sembrava essersi del tutto smarrita o forse volutamente dimenticata.
Nella diversità amiche, la 'santa laica' Ravizza e la 'pellegrina d'amore' Sibilla condivisero impegno politico, le battaglie a favore del suffragio femminile e dei diritti di cittadinanza delle donne: la prima sfidando burocrazia e conformismo, la seconda contestando la maternità come obbligo e destino. Libere pensatrici, donne d'avanguardia, che appellandosi alla legge superiore, allo " spirito autonomo femminile", trasgredirono spostando ( l'Aleramo) il limite di libertà, anche sessuale: Cordula Poletti fu la "lucida follia", l'amore sconvolgente che fece entrare Sibilla in contatto con il proprio desiderio, la 'delicatezza espansione e luminosità' del rapporto erotico con un'altra donna.
E proprio in queste pagine, tra privato e pubblico, Emma Scaramuzza fissa nel tempo la pagina più bella e luminosa di un flusso di vita- storia che lega le relazioni tra donne, colmando un vuoto nella memoria storica del Novecento: in eqilibrio tra storia e memoria, profumo del tempo in chi saprà coglierne la poesia. di Eloisa Dacquino
Scaramuzza, Emma 'La santa e la spudorata - Alessandrina Ravizza e Sibilla Aleramo' Liguori editore

Terra di confine

A vent'anni dalla caduta del muro di Berlino, Serena Sinigaglia e la sua compagnia Atir portano in scena al Teatro Libero dal 3 al 13 febbraio “1989 – Crolli”: terzo e ultimo capitolo della trilogia “Incontri con epoche straordinarie: 1943 – Come un cammello in una grondaia (ovvero del coraggio), 1968 (ovvero dell’incanto), 1989 Crolli (ovvero del disorientamento)” che la Sinigaglia dedica al teatro civile. Una rilettura degli avvenimenti chiave che hanno stravolto la nostra epoca, motivata dal bisogno di ricostruire una coscienza “politica” forte.

Il testo, creato dalla stessa Sinigaglia con l’aiuto di una piccola equipe di drammaturghi e che si ispira a testimonianze e documenti autentici tratti da Lidia Campagnano, Paolo Rumiz, Peter Handke, Saint-Exupéry, Hana Blandiana, procede per canti che pongono una serie di domande a cui non è facile dare risposte definitive ed univoche, ma alle quali non è possibile sottrarsi.
Nel mondo dell’informazione, dove la “quantità”non si trasforma automaticamente in “qualità” e sapere, dove predomina l’incapacità di intervenire sul reale per modificarlo e migliorarlo, Serena Sinigaglia prova a interrogarsi sugli accadimenti storici che hanno decretato il crollo del muro di Berlino: 1989 si concentra sugli effetti di quel 9 novembre, sulla condizione dell’uomo contemporaneo che deve riappropriarsi di se stesso con la convinzione che una possibile via d’uscita esiste: assumersi la responsabilità delle proprie azioni, dei propri desideri e del nostro essere in un mondo che tende a cancellare la memoria perché non coltiva l’analisi critica e dove pochissimi si assumono la responsabilità di cercare la verità, la conoscenza, come ha fatto Anna Politkovskaja, la giornalista russa assassinata per il suo lavoro d’inchiesta sulle torture in Cecenia e sulla Russia di Putin, alla quale Serena Sinigaglia dedica l’ultimo capitolo e questo suo spettacolo.
di Eloisa Dacquino
Teatro Libero - via Savona 10 - Milano

Cultura immateriale

Una lingua, un idioma, una serie di musiche, di canti popolari, di poesie, di letteratura locale. Tutto ciò che è vera cultura è un bene immateriale. La mia proposta parte proprio da qui: rivalutare, difendere il senso dell’immaterialità”, spiega Massimo Zanello, Assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia ”Tutto ciò che non è meramente commerciale e banalmente folkloristico merita, rispondendo ai criteri fissati dalla legge, l’aiuto economico dell’istituzione. E’ il ritorno dei popoli - dichiara l’assessore - dopo il fallimento dello Stato”.

Partendo dalla nuova legge per la tutela e la valorizzazione della cultura immateriale che recepisce una direttiva dell’Unesco, l’Assessore ha invitato alcuni dei massimi esperti nazionali al convegno che si terrà martedì 3 febbraio alle ore 17.30 nella Scatola Magica del Piccolo Teatro Strehler, per riflettere sulle prospettive che essa apre: dall’antropologia all’etnomusicologia, dalla dialettologia alla cultura agricola e industriale, un immenso e prezioso patrimonio attende di essere valorizzato come merita.
Si discuteranno i problemi e le strategie per tutelare le culture locali e l’eredità di saperi, conoscenze, creatività che esse possono tramandare all’uomo del nostro tempo.
Sono previsti gli interventi di Pier Paolo Poggio - Fondazione Micheletti di Brescia - Febo Guizzi, Professore di Etnomusicologia - Università degli Studi di Torino, Luigi Lombardi-Satriani, Professore di Etnologia - Università La Sapienza di Roma, Glauco Sanga, Professore di Lessicografia dialettale e gergale - Università di Venezia; moderatore Franco Brevini, Professore di Letteratura italiana - Università di Bergamo e Università IULM di Milano, mentre Piero Mazzarella leggerà brani tratti da Milanin Milanon di Emilio De Marchi.
Prospettive e problemi per la tutela di una cultura dimenticata: la nuova legge della Regione Lombardia sulla “Cultura immateriale”