Tagli alla cultura:lettera aperta di Sergio Escobar

Gentile Presidente Berlusconi,
Lei ha puntato sulla cultura per accogliere il G8 all’Aquila: concerto, libri, opere d’arte, made in Italy. Con sconcertante simultaneità il Suo Governo, a Roma, falcidiava nuovamente gli investimenti per la cultura. Non è da Lei usare il passato ignorando il futuro.
Voglio attenermi a fatti precisi.
E’ vero che il mondo della cultura ha meno capacità di lobby rispetto ad altre componenti sociali: fermare un treno ha un effetto diverso che chiudere un teatro per protesta. Sarebbe davvero grave se questo fosse l’unico criterio con cui i governi fanno scelte per lo sviluppo del Paese.
E’ un fatto che il Fus, Fondo unico per lo spettacolo, essenziale e comunque complementare agli investimenti privati e degli enti locali, sia in valore reale un terzo rispetto al 1986. I Suoi colleghi Sarkozy e Merkel investono tre-quattro volte tanto in cultura.
Le diranno che questo è un mondo di inefficienze e sprechi. Non è vero, e il Ministero ha tutti gli strumenti per valutare. Se ci sono, si caccino gli incapaci. Cacciare chi non sa fare non avrebbe neppure il “costo politico” dello spoil system. Giusto e basta. Sbagliato e miope penalizzare le realtà produttive falcidiando gli investimenti.
Le diranno di investire in cultura per l’indotto: turismo, ristorazione eccetera. Sacrosanto ma marginale. Investire in cultura significa farlo in qualità urbana, competitività complessiva del Paese. Lo ha scritto Giulio Tremonti in “La paura e la speranza” (libro che ha emozionato anche a sinistra). Noi vogliamo cambiare il titolo in “Opportunità e volontà”, per il futuro del Paese. La cultura, scriveva Pierre Boulez, rende inevitabile l’altamente improbabile. E’ la vera sfida per non temere il futuro.
E’ grave e paradossale che proprio dal decreto anti-crisi si vogliano escludere interventi per la cultura. Il settore è in crisi, il settore è uno degli strumenti per uscire da crisi globali e strutturali. Il settore forma e dà lavoro (duecentomila persone) a moltissimi giovani ad alta specializzazione.
Per questo Le chiediamo molto di più del ripristino del Fus: investire con convinzione, coerenza, e regole certe sul futuro del Paese per non condannarlo nella competizione internazionale.
Noi ci stiamo alla efficienza e alle regole certe.
Gira una battuta a Montecitorio, attribuita a un influente ministro: “Meglio un piatto di polenta che la cultura”. Ne ho sentite di peggio. Una cosa è certa e non è una battuta: su questa strada al prossimo G8 l’accoglienza sarà con pacchi di polenta liofilizzata, importata. Anche la nostra polenta nasce dalla cultura.
Grazie per l’attenzione, cordialmente.
Milano, 16 luglio 2009
Sergio Escobar
Direttore del Piccolo Teatro di Milano
e Presidente di Platea, Associazione dei Teatri Stabili italiani
foto Margherita Busacca

La donna di un tempo

Dopo la prima italiana di “La notte araba” e il successo di “Vero West”, Corrado d'Elia porta in Italia -ancora diretto da Sergio Maifredi -una seconda opera mai rappresentata nel nostro Paese, di Roland Schimmelpfennig: "La donna di un tempo".
Roland Schimmelpfennig, giovane talento della scena teatrale tedesca ( premio Schiller nel 1998), ha collaborato come drammaturgo con alcuni tra i principali teatri tedeschi, ed è tra i drammaturghi più rapprensentati in Europa.
"La donna di un tempo", è un rapido rivivere un amore con il "rewind": dopo 24 anni nella vita di una giovane coppia ritorna il grande amore di lui. Si presenta alla porta la sua "donna di un tempo", fiamma di un'estate d'amore adolescenziale che prepotentemente chiede di riprendersi il suo uomo, la sua vita.
L'opera gioca sulla capacità di manovrare la struttura drammaturgica, lavorando su forti rimandi interni e una tecnica raffinata che chiama in causa lo spettatore per la ricostruzione del quadro d'insieme.
La sua grande capacità di scivolare nel tempo e nello spazio, rende questo copione una novità assoluta per l'Italia.
Lo spettacolo si inserisce nel progetto che prevede una serie di incontri cui parteciperanno intellettuali, scienziati e uomini di cultura e che si terrà a Genova presso il Palazzo Ducale dal 28 maggio al 30 agosto in contemporanea alla mostra “Tutto il teatro in un manifesto. Polonia 1989-2009”.
A vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, Genova propone dunque un momento di riflessione attorno a quella data storica e ad un evento che ha segnato la nostra contemporaneità.
Attraverso 200 manifesti d’artista, filmati, scenografie e manichini prestati dal Nowy Teatr di Poznan - di cui Maifredi è regista residente - viene presentato uno spaccato dei cambiamenti avvenuti nella società e nella cultura polacca dopo la caduta del Muro di Berlino: ottanta foto con testi della stessa Bulaj e di Rumiz, una gigantografia della mappa con cui i due viaggiatori sono andati alla scoperta di luoghi lontani e ai più sconosciuti - sulla quale mettere i nostri passi -sono il prologo ideale della rassegna e certamente consentono una maggior comprensione di quelle culture e di quei popoli, la cui immagine è troppo spesso legata a stereotipi.
A noi ora 'l'incanto e il disincanto' per questo ultimo spettacolo che chiude la stagione 'Oltre il muro' di Teatro Libero.

Teatro Libero - via Savona, 10 - Milano - dal 6 al 18 luglio - "LA DONNA DI UN TEMPO"
Compagnia Teatri Possibili e Teatri Possibili Liguria con il contributo di Fondazione Cariplo in collaborazione con Outis – Centro Nazionale di Drammaturgia Contemporanea

De profundis


“...noi chiamiamo la nostra un’epoca utilitaria e non conosciamo l’uso delle cose più semplici. Abbiamo dimenticato che l’Acqua può lavare e il Fuoco purificare e che la terra é madre di noi tutti. Ne consegue che la nostra Arte é come la Luna e scherza con le ombre (..) Io sono sicuro che vi sia una catarsi nelle forze elementari e voglio tornare a quelle e vivere in loro presenza. Certo per un uomo moderno e enfant de mon siècle come sono, anche solo contemplare il mondo sarà un immenso piacere. Tremo di gioia quando penso che il giorno che uscirò di prigione, l’ornello ed il lillà saranno in fiore nei giardini e che vedrò il vento agitare con fremente bellezza l’oro mobile dell’uno e dell’altra; così come avrò per me tutti i profumi dell’Arabia. Linneo in ginocchio pianse di gioia quando vide per la prima volta la vasta brughiera di non so quale parte della collina inglese ingiallita dai fiori fulvi e aromatici della comune ginestra; e quanto a me, so che mi aspettano lagrime nei petali di qualche rosa. Così è stato sempre per me, fin da quando ero ragazzo. Non vi è colore racchiuso nel calice di un fiore, non vi è curva di conchiglia, alla quale per qualche oscura affinità con l’anima stessa delle cose, la mia natura non corrisponda. Come Gautier, sono sempre stato di quelli pour qui le monde visibile esiste. Tuttavia sento ora che dietro questa Bellezza si nasconde uno Spirito di cui le forme e i contorni non sono che modi di una manifestazione; e proprio con questo Spirito intendo entrare in contatto.
Mi sono stancato delle espressioni articolate dell’uomo e delle cose (..) nella società, così come noi l’abbiamo costituita, non v’è posto per me, né vi potrà mai essere; ma la Natura, le cui dolci piogge bagnano indistintamente il giusto come il peccatore, avrà anfratti nelle rocce entro cui potrò nascondermi e valli segrete nel cui silenzio potrò piangere indisturbato. Appenderà stelle alla volte del cielo perché io possa camminare nelle tenebre senza inciampare; e farà soffiare il vento perché cancelli le mie impronte e io non venga inseguito e braccato a morte. (..)
Spero che il nostro incontro sarà ciò che un incontro fra me e te – dopo quanto è successo - dovrebbe essere. C’è sempre stato un enorme abisso tra noi due, l’abisso tra l’Arte realizzata e la cultura acquisita; c’è oggi un abisso ancora più profondo, l’abisso del Dolore: ma niente è impossibile all’Umiltà e all’Amore tutto è facile.
Per quel che riguarda la tua risposta a questa mia, puoi farla come credi, lunga o breve (..) Io ti ho scritto in piena libertà; anche tu devi fare altrettanto.(..) Ho aspettato per mesi che tu ti facessi vivo. Anche se non ti avessi aspettato ma ti avessi chiuso tutte le porte in faccia, avresti dovuto ricordare che nessuno può continuare a chiudere le porte in faccia all’Amore.(..) Non vi é prigione al mondo in cui l’Amore non possa aprirsi un varco. Se non comprendi questo, non capisci niente dell’Amore.(..) Scrivimi di te in tutta franchezza (..) tutto quello che hai da dirmi, dillo senza timore..se vi sarà qualcosa di falso o artefatto, me ne accorgerò..nel culto per la letteratura che ho avuto tutta la vita, mi sono fatto avaro di suono e di sillabe come Mida delle sue monete.
Ricorda che mi resta ancora da conoscerti. Forse a entrambi, ci resta da conoscerci a vicenda.
Quanto a te, non ho che quest’ultima cosa da dirti. Non aver paura del passato. Se qualcuno ti dirà che è irrevocabile, non credergli. Passato, presente e futuro non sono che un attimo della visione di Dio, al cui cospetto dovremmo cercare di vivere. Tempo e spazio, successione ed estensione, sono soltanto condizioni accidentali del Pensiero: l’Immaginazione può trascenderle e portarle in una libera sfera di esistenze ideali. Anche le cose sono, nella loro essenza, ciò che vogliamo esse siano: una cosa é in quanto noi la guardiamo(..) Ciò che ho davanti a me adesso, è il mio passato.. devo indurmi a guardarlo con altri occhi.. posso farlo solo accettandolo, come una parte inevitabile dell’evoluzione della mia vita e del mio carattere di fronte a tutto ciò che ho sofferto.. e per incompleto e imperfetto che io sia, tu, da me, hai ancora molto da imparare.
Venisti a me per imparare il Piacere della Vita e il Piacere dell’Arte. Forse sono stato scelto per insegnarti qualcosa di più grande: il significato del Dolore e la sua bellezza.
Il tuo affezionato amico.”

Oscar Wilde
gennaio - marzo 1897

Ciò che era un minuto fa non è più: tanto è per le esplosioni e le implosioni che soffocano in tragedia il mondo, siano esse pubbliche o private.
Così, nell’andirivieni caotico di notizie, nell’affannosa ricerca di un senso che rimandi all’Etica e alla Virtù, in questo nostro mondo piegato dalle catastrofi e dal fuoco e le cui anime si perdono nel frastuono del chiacchiericcio volgare, l’unica casa che riconosciamo è la Musica, quella che certi burocrati vorrebbero relegare in angusti spazi e nell’oblio della memoria privata di fondi e sostegno, come la magia e la forza del Sogno che certi personaggi – a noi cari – gettano come incantesimo sulla posteriorità.
Per dirla con Jacques Barzun “ ..non è per le loro imprese che Eloisa e Maria Stuarda, Byron e Lincoln hanno richiesto tanti volumi per il racconto più volte ripetuto delle loro vite. Il loro incanto è implicito, magnetico; ma ciò non significa che le loro persone siano state più grandi o più nobili delle loro azioni. Significa soltanto che esse, per una catena di circostanze, incarnano per noi un modo di vivere del quale non ci possiamo disinteressare e che non possiamo emulare, biasimare o accettare come scontato. Noi ci rivolgiamo verso di loro come verso la vita stessa, magnetizzati, perché sappiamo che non v’è spiegazione finale del genio, della passione, dell’errore o della tragedia in esse incarnate.”
Questi Ditirambi muovono oggi verso una figura che - vittima e fors’anche carnefice- fu interprete di vita e arte: e li dedichiamo a chi - preda dei luoghi comuni - ride ancora della sua omosessualità, come del suo girasole all’occhiello.
Per dirla con un suo aforisma ‘ nella sublimità dell’anima non c’è contagio alcuno.’
Già.