Gentile Presidente Berlusconi,
Lei ha puntato sulla cultura per accogliere il G8 all’Aquila: concerto, libri, opere d’arte, made in Italy. Con sconcertante simultaneità il Suo Governo, a Roma, falcidiava nuovamente gli investimenti per la cultura. Non è da Lei usare il passato ignorando il futuro.
Voglio attenermi a fatti precisi.
E’ vero che il mondo della cultura ha meno capacità di lobby rispetto ad altre componenti sociali: fermare un treno ha un effetto diverso che chiudere un teatro per protesta. Sarebbe davvero grave se questo fosse l’unico criterio con cui i governi fanno scelte per lo sviluppo del Paese.
E’ un fatto che il Fus, Fondo unico per lo spettacolo, essenziale e comunque complementare agli investimenti privati e degli enti locali, sia in valore reale un terzo rispetto al 1986. I Suoi colleghi Sarkozy e Merkel investono tre-quattro volte tanto in cultura.
Le diranno che questo è un mondo di inefficienze e sprechi. Non è vero, e il Ministero ha tutti gli strumenti per valutare. Se ci sono, si caccino gli incapaci. Cacciare chi non sa fare non avrebbe neppure il “costo politico” dello spoil system. Giusto e basta. Sbagliato e miope penalizzare le realtà produttive falcidiando gli investimenti.
Le diranno di investire in cultura per l’indotto: turismo, ristorazione eccetera. Sacrosanto ma marginale. Investire in cultura significa farlo in qualità urbana, competitività complessiva del Paese. Lo ha scritto Giulio Tremonti in “La paura e la speranza” (libro che ha emozionato anche a sinistra). Noi vogliamo cambiare il titolo in “Opportunità e volontà”, per il futuro del Paese. La cultura, scriveva Pierre Boulez, rende inevitabile l’altamente improbabile. E’ la vera sfida per non temere il futuro.
E’ grave e paradossale che proprio dal decreto anti-crisi si vogliano escludere interventi per la cultura. Il settore è in crisi, il settore è uno degli strumenti per uscire da crisi globali e strutturali. Il settore forma e dà lavoro (duecentomila persone) a moltissimi giovani ad alta specializzazione.
Per questo Le chiediamo molto di più del ripristino del Fus: investire con convinzione, coerenza, e regole certe sul futuro del Paese per non condannarlo nella competizione internazionale.
Noi ci stiamo alla efficienza e alle regole certe.
Gira una battuta a Montecitorio, attribuita a un influente ministro: “Meglio un piatto di polenta che la cultura”. Ne ho sentite di peggio. Una cosa è certa e non è una battuta: su questa strada al prossimo G8 l’accoglienza sarà con pacchi di polenta liofilizzata, importata. Anche la nostra polenta nasce dalla cultura.
Grazie per l’attenzione, cordialmente.
Lei ha puntato sulla cultura per accogliere il G8 all’Aquila: concerto, libri, opere d’arte, made in Italy. Con sconcertante simultaneità il Suo Governo, a Roma, falcidiava nuovamente gli investimenti per la cultura. Non è da Lei usare il passato ignorando il futuro.
Voglio attenermi a fatti precisi.
E’ vero che il mondo della cultura ha meno capacità di lobby rispetto ad altre componenti sociali: fermare un treno ha un effetto diverso che chiudere un teatro per protesta. Sarebbe davvero grave se questo fosse l’unico criterio con cui i governi fanno scelte per lo sviluppo del Paese.
E’ un fatto che il Fus, Fondo unico per lo spettacolo, essenziale e comunque complementare agli investimenti privati e degli enti locali, sia in valore reale un terzo rispetto al 1986. I Suoi colleghi Sarkozy e Merkel investono tre-quattro volte tanto in cultura.
Le diranno che questo è un mondo di inefficienze e sprechi. Non è vero, e il Ministero ha tutti gli strumenti per valutare. Se ci sono, si caccino gli incapaci. Cacciare chi non sa fare non avrebbe neppure il “costo politico” dello spoil system. Giusto e basta. Sbagliato e miope penalizzare le realtà produttive falcidiando gli investimenti.
Le diranno di investire in cultura per l’indotto: turismo, ristorazione eccetera. Sacrosanto ma marginale. Investire in cultura significa farlo in qualità urbana, competitività complessiva del Paese. Lo ha scritto Giulio Tremonti in “La paura e la speranza” (libro che ha emozionato anche a sinistra). Noi vogliamo cambiare il titolo in “Opportunità e volontà”, per il futuro del Paese. La cultura, scriveva Pierre Boulez, rende inevitabile l’altamente improbabile. E’ la vera sfida per non temere il futuro.
E’ grave e paradossale che proprio dal decreto anti-crisi si vogliano escludere interventi per la cultura. Il settore è in crisi, il settore è uno degli strumenti per uscire da crisi globali e strutturali. Il settore forma e dà lavoro (duecentomila persone) a moltissimi giovani ad alta specializzazione.
Per questo Le chiediamo molto di più del ripristino del Fus: investire con convinzione, coerenza, e regole certe sul futuro del Paese per non condannarlo nella competizione internazionale.
Noi ci stiamo alla efficienza e alle regole certe.
Gira una battuta a Montecitorio, attribuita a un influente ministro: “Meglio un piatto di polenta che la cultura”. Ne ho sentite di peggio. Una cosa è certa e non è una battuta: su questa strada al prossimo G8 l’accoglienza sarà con pacchi di polenta liofilizzata, importata. Anche la nostra polenta nasce dalla cultura.
Grazie per l’attenzione, cordialmente.
Milano, 16 luglio 2009
Sergio Escobar
Direttore del Piccolo Teatro di Milano
e Presidente di Platea, Associazione dei Teatri Stabili italiani
Sergio Escobar
Direttore del Piccolo Teatro di Milano
e Presidente di Platea, Associazione dei Teatri Stabili italiani
foto Margherita Busacca