De profundis


“...noi chiamiamo la nostra un’epoca utilitaria e non conosciamo l’uso delle cose più semplici. Abbiamo dimenticato che l’Acqua può lavare e il Fuoco purificare e che la terra é madre di noi tutti. Ne consegue che la nostra Arte é come la Luna e scherza con le ombre (..) Io sono sicuro che vi sia una catarsi nelle forze elementari e voglio tornare a quelle e vivere in loro presenza. Certo per un uomo moderno e enfant de mon siècle come sono, anche solo contemplare il mondo sarà un immenso piacere. Tremo di gioia quando penso che il giorno che uscirò di prigione, l’ornello ed il lillà saranno in fiore nei giardini e che vedrò il vento agitare con fremente bellezza l’oro mobile dell’uno e dell’altra; così come avrò per me tutti i profumi dell’Arabia. Linneo in ginocchio pianse di gioia quando vide per la prima volta la vasta brughiera di non so quale parte della collina inglese ingiallita dai fiori fulvi e aromatici della comune ginestra; e quanto a me, so che mi aspettano lagrime nei petali di qualche rosa. Così è stato sempre per me, fin da quando ero ragazzo. Non vi è colore racchiuso nel calice di un fiore, non vi è curva di conchiglia, alla quale per qualche oscura affinità con l’anima stessa delle cose, la mia natura non corrisponda. Come Gautier, sono sempre stato di quelli pour qui le monde visibile esiste. Tuttavia sento ora che dietro questa Bellezza si nasconde uno Spirito di cui le forme e i contorni non sono che modi di una manifestazione; e proprio con questo Spirito intendo entrare in contatto.
Mi sono stancato delle espressioni articolate dell’uomo e delle cose (..) nella società, così come noi l’abbiamo costituita, non v’è posto per me, né vi potrà mai essere; ma la Natura, le cui dolci piogge bagnano indistintamente il giusto come il peccatore, avrà anfratti nelle rocce entro cui potrò nascondermi e valli segrete nel cui silenzio potrò piangere indisturbato. Appenderà stelle alla volte del cielo perché io possa camminare nelle tenebre senza inciampare; e farà soffiare il vento perché cancelli le mie impronte e io non venga inseguito e braccato a morte. (..)
Spero che il nostro incontro sarà ciò che un incontro fra me e te – dopo quanto è successo - dovrebbe essere. C’è sempre stato un enorme abisso tra noi due, l’abisso tra l’Arte realizzata e la cultura acquisita; c’è oggi un abisso ancora più profondo, l’abisso del Dolore: ma niente è impossibile all’Umiltà e all’Amore tutto è facile.
Per quel che riguarda la tua risposta a questa mia, puoi farla come credi, lunga o breve (..) Io ti ho scritto in piena libertà; anche tu devi fare altrettanto.(..) Ho aspettato per mesi che tu ti facessi vivo. Anche se non ti avessi aspettato ma ti avessi chiuso tutte le porte in faccia, avresti dovuto ricordare che nessuno può continuare a chiudere le porte in faccia all’Amore.(..) Non vi é prigione al mondo in cui l’Amore non possa aprirsi un varco. Se non comprendi questo, non capisci niente dell’Amore.(..) Scrivimi di te in tutta franchezza (..) tutto quello che hai da dirmi, dillo senza timore..se vi sarà qualcosa di falso o artefatto, me ne accorgerò..nel culto per la letteratura che ho avuto tutta la vita, mi sono fatto avaro di suono e di sillabe come Mida delle sue monete.
Ricorda che mi resta ancora da conoscerti. Forse a entrambi, ci resta da conoscerci a vicenda.
Quanto a te, non ho che quest’ultima cosa da dirti. Non aver paura del passato. Se qualcuno ti dirà che è irrevocabile, non credergli. Passato, presente e futuro non sono che un attimo della visione di Dio, al cui cospetto dovremmo cercare di vivere. Tempo e spazio, successione ed estensione, sono soltanto condizioni accidentali del Pensiero: l’Immaginazione può trascenderle e portarle in una libera sfera di esistenze ideali. Anche le cose sono, nella loro essenza, ciò che vogliamo esse siano: una cosa é in quanto noi la guardiamo(..) Ciò che ho davanti a me adesso, è il mio passato.. devo indurmi a guardarlo con altri occhi.. posso farlo solo accettandolo, come una parte inevitabile dell’evoluzione della mia vita e del mio carattere di fronte a tutto ciò che ho sofferto.. e per incompleto e imperfetto che io sia, tu, da me, hai ancora molto da imparare.
Venisti a me per imparare il Piacere della Vita e il Piacere dell’Arte. Forse sono stato scelto per insegnarti qualcosa di più grande: il significato del Dolore e la sua bellezza.
Il tuo affezionato amico.”

Oscar Wilde
gennaio - marzo 1897

Ciò che era un minuto fa non è più: tanto è per le esplosioni e le implosioni che soffocano in tragedia il mondo, siano esse pubbliche o private.
Così, nell’andirivieni caotico di notizie, nell’affannosa ricerca di un senso che rimandi all’Etica e alla Virtù, in questo nostro mondo piegato dalle catastrofi e dal fuoco e le cui anime si perdono nel frastuono del chiacchiericcio volgare, l’unica casa che riconosciamo è la Musica, quella che certi burocrati vorrebbero relegare in angusti spazi e nell’oblio della memoria privata di fondi e sostegno, come la magia e la forza del Sogno che certi personaggi – a noi cari – gettano come incantesimo sulla posteriorità.
Per dirla con Jacques Barzun “ ..non è per le loro imprese che Eloisa e Maria Stuarda, Byron e Lincoln hanno richiesto tanti volumi per il racconto più volte ripetuto delle loro vite. Il loro incanto è implicito, magnetico; ma ciò non significa che le loro persone siano state più grandi o più nobili delle loro azioni. Significa soltanto che esse, per una catena di circostanze, incarnano per noi un modo di vivere del quale non ci possiamo disinteressare e che non possiamo emulare, biasimare o accettare come scontato. Noi ci rivolgiamo verso di loro come verso la vita stessa, magnetizzati, perché sappiamo che non v’è spiegazione finale del genio, della passione, dell’errore o della tragedia in esse incarnate.”
Questi Ditirambi muovono oggi verso una figura che - vittima e fors’anche carnefice- fu interprete di vita e arte: e li dedichiamo a chi - preda dei luoghi comuni - ride ancora della sua omosessualità, come del suo girasole all’occhiello.
Per dirla con un suo aforisma ‘ nella sublimità dell’anima non c’è contagio alcuno.’
Già.