Un uomo, una storia

Un giorno con Giovanni - organizzato dal Piccolo Teatro in collaborazione con la Fondazione Corriere della Sera per il quinto anniversario della morte del poeta Giovanni Raboni - si prolunga e completa nei giorni 27 e 28 ottobre, con una lettura e un convegno. Martedì 27 alle ore 21 alla Casa del Manzoni l'attrice Anna Nogara leggerà una sua scelta di testi raboniani. I partecipanti al convegno non residenti a Milano avranno modo di visitare, alla vigilia della chiusura, la mostra "Il catalogo è questo", curata da Giulia Raboni, figlia del poeta. Mercoledì 28, nella Sala Napoleonica dell'Università Statale comincerà alle ore 9 una giornata di studio in cui maestri della critica e qualche amico e giornalista - come Moni Ovadia e Dino Messina - parleranno del poeta, del critico, del traduttore, dell'uomo.

C’è il Raboni poeta al centro della giornata di studio organizzata dal dipartimento di Filologia moderna e curata dal professor Gianni Turchetta dal titoloLa Storia di Raboni”. Con un programma fitto di interventi e introdotto dai saluti del Preside di Lettere e Filosofia, Elio Franzini e di Giovanna Rosa, direttore del dipartimento di Filologia moderna, il convegno affronta il percorso poetico di Raboni intrecciandolo a tratti alla sua profonda e duratura attività di critico e autore letterario e teatrale.

La giornata dedicata al poeta e presieduta da Pier Vincenzo Mengaldo - filologo, storico della letteratura italiana e grande studioso del ‘900 - prevede interventi di: Fernando Bandini, Maria Antonietta Grignani, Gabriele Frasca, Rodolfo Zucco, che ne ha curato l’edizione dell’opera poetica per i “Meridiani” della Mondadori, Stefano Giovanardi, Silvana Tamiozzo Goldmann, Fabio Magro, autore di una recente monografia sul poeta, Marco Ceriani e Luca Daino. Ma l’attività di Giovanni Raboni appartiene anche all’editoria. Consulente di Garzanti e Mondadori, prima, e direttore della collana di poesia della Guanda poi, il poeta Raboni dà voce a tanta poesia contemporanea - quella nota e quella fino ad allora del tutto sconosciuta - mantenendo un rapporto prolifico e costante con il mondo editoriale, che lo vede anche traduttore di Flaubert, Apollinaire, Baudelaire e Racine, oltre che dell’intera Recherche proustiana. E poi c’è l’attività di giornalista e critico letterario, teatrale e cinematografico attento ai problemi della vita sociale, culturale e politica del Paese, che analizza con lucida generosità dalle pagine di aut aut, di Paragone, dei Quaderni Piacentini, del Corriere della Sera. Di questo si parlerà nella tavola rotonda conclusiva che vede la partecipazione di: Dino Messina, Enzo Golino, Gianni Mura e Moni Ovadia.

Omofobia: un passo indietro per l'Italia

BRUXELLES "Affossare la legge contro l'omofobia è stato un passo indietro per l'Italia". L'Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, mette sotto accusa l'Italia. E denuncia le scelte del Parlamento, che non tengono conto delle violenze di cui sono spesso fatti oggetto gli omosessuali: "Per loro è necessaria una piena protezione".

Navi Pillay entra a gamba tesa nella già accesa discussione nata dopo la bocciatura della legge che avrebbe introdotto l'aggravante per i reati commessi in danno di persone colpite per il loro orientamento sessuale. "L'omosessualità e gli omosessuali vengono criminalizzati in alcuni Paesi - ha detto il commissario Onu - ma non possiamo ignorare che i gruppi minoritari, e tra loro gli omosessuali, sono soggetti non solo a violenza, ma a discriminazioni in diversi aspetti della loro vita". Secondo Pillay, che era a Bruxelles per l'apertura del nuovo ufficio Onu per i diritti umani nell'Unione europea, è necessaria quindi "una piena protezione" per gli omosessuali.

Navi Pillay aveva già apertamente criticato il governo italiano per le scelte in materia di respingimenti dei migranti. Oggi il commissario per i diritti umani è ritornato sul problema sicurezza in Italia, criticando ancora una volta la circostanza aggravante della clandestinità contestata agli immigrati irregolari che commettano un crimine. "E' una discriminazione. Per gli immigrati irregolari - ha sottolineato Pillay - non ci può essere una sospensione dei diritti umani. Per punire lo stesso reato, dovrebbero esserci le stesse regole per chiunque. Non escludo - ha concluso il commissario - che l'Onu possa chiedere all'Italia di modificare la legge".

Il birraio di Preston

Siamo nella seconda metà dell’Ottocento, in una piccola città della provincia siciliana, quella Vigàta dove Camilleri ama ambientare tutte le sue storie ancora un secolo e mezzo prima dell’arrivo di Montalbano. Si deve inaugurare il nuovo teatro civico “Re d’Italia”. Il Prefetto Bortuzzi - fiorentino e perciò “straniero” - prefetto di Montelusa, paese distante qualche chilometro, ma odiato dagli abitanti di Vigàta perché più importante e sede della Prefettura, s’intestardisce ad aprire la stagione lirica con Il birraio di Preston, melodramma di Ricci di scarso valore, di nulla fama e di oggettiva idiozia. In realtà nessuno vorrebbe la rappresentazione di quell’opera, ma il Prefetto obbliga a dimettersi ben due consigli di amministrazione del teatro, pur di far passare quella che lui considera una doverosa educazione dei vigatesi all’Arte. Tra i siciliani, visibilmente irritati dall’autorità esterna, si insinua il “bombarolo” mazziniano Nando Traquandi, venuto da Roma per creare scompiglio all’apertura della sala. L’imposizione, un “atto di testardaggine” del Prefetto, crea dunque una situazione che dopo aver visti coinvolti l’esercito, mafiosi veri e presunti, causa un incendio con numerosi morti e ci conduce infine alla scoperta che tutto è nato per un clamoroso equivoco.

Questo "Il birraio di Preston", capolavoro assoluto della scrittura di Camilleri, in scena al Piccolo Teatro Strehler dal 20 ottobre al 15 novembre.Prima di accettare l'ipotesi di una riduzione per il teatro - spiega Camilleri - ho resistito un bel po'. Non capivo come fosse possibile (e ragionavo, è ovvio, da autore) trovare un contenitore spaziale, una griglia che supportasse, senza tradirlo, il racconto. Il colloquio avuto con Giuseppe Dipasquale ci ha fatto trovare la soluzione: una struttura drammaturgica che salvaguardasse la scomposizione temporale del romanzo, ma condotta in modo da loca lizzare scenicamente il tutto in un luogo chefosse ad un tempo un teatro (quello, per esem pio, dove poteva essere avvenuto l'incendio) e il luogo dell'azione del racconto”. Osserva il regista Giuseppe Dipasquale: “Il racconto parte da un fatto che vuole essere di per sé stupefacente, misterioso e incantatore. Proprio come il' C’era una volta dei bambini'. E di un bambino si tratta: l’occhio innocente di un bimbo, per purezza nei confronti del mondo, è il motore dell’azione. Ad esso è destinata, in apertura del romanzo, la scoperta dell’unica grande tragedia che incombe su Vigàta; le altre saranno come delle ipotragedie in questa contenute e da questa conseguenti. Ossia lo spaventoso incendio che nell’originale struttura narrativa costituisce l’inizio e al tempo stesso la conclusione del racconto”.

Tra brucianti storie d’amore, morti ammazzati per volontà e per accidente, lazzi di un loggione indisciplinato, si dipana una storia dalla perfetta architettura narrativa che partendo da una tragedia ci porta al sorriso e che Giuseppe Dipasquale - con la stessa raffinata ironia- mette in scena, a dieci anni dal primo allestimento e con un cast rinnovato.

Piccolo Teatro Strehler, largo Greppi 2 - M2 Lanza – dal 20 ottobre al 15 novembre 2009

foto Filippo Sinopoli


Il rogo della verità

"Siamo entrati nella fabbrica per i sopralluoghi e più che la parte bruciata mi ha colpito il resto, lo squallore, la tristezza, la morte che il luogo in sé, la fabbrica appunto, emanava. Il mio viaggio dentro la fabbrica è cominciato da lì. Sentivo il bisogno di partire da quel dolore cercando di entrare nella sua profondità, evitando il pietismo che è solo prodotto dall’ipocrisia." Pippo Delbono

Approda a Milano dopo il grande successo riscosso ad Avignone "La menzogna", ultima creazione di Pippo Delbono, che sarà in scena al Piccolo Teatro Studio fino al 31 ottobre. Lo spettacolo prende le mosse dal tragico episodio dell’incendio alla Thyssen Krupp costato la vita a sette operai, ma non si ferma alla fabbrica col suo bagaglio di dolore o lo stillicidio continuo delle morti bianche: lo spettacolo svela -alla maniera visionaria e poetica dell’artista ligure - la menzogna come un male diffuso in maniera capillare al quale è difficile, se non impossibile, sottrarsi. Ed è di nuovo la presa di coscienza del dolore il nucleo centrale di questo, come già di altri lavori di Delbono. La menzogna si apre nel silenzio. Quel silenzio, quella memoria, sono il suo punto di partenza.

Vengono però poi evocate altre memorie, altri corpi bruciati, reclusi, abbandonati, mentre emerge il desiderio dell’autore di andare a fondo, guardarsi in faccia, andare oltre le menzogne politiche, ma anche teatrali. La menzogna muove da un bisogno di verità, di spogliarsi delle menzogne di cui è intessuta la vita di ciascuno, di smascherare il finto gioco della rappresentazione, per essere spettacolo politico attraverso la poesia e mettere in guardia contro il razzismo e il fascismo strisciante, contro la violenza e la stupidità. Riflessioni e materiali letterari costruiscono man mano il discorso dell’autore intorno al suo tema, insieme ad immagini surreali, oniriche, brani da Shakespeare non interpretati ma che emergono come urli dell’anima, un tessuto sonoro emotivo che va dall’opera al tango, da Stravinskij a Wagner, fino alla voce di Juliette Greco.

Piccolo Teatro Studio, via Rivoli 6 - M2 Lanza – fino al 31 ottobre 2009


La parola alle donne

Con ottobre lo Spazio dell'Unione femminile torna ad aprirsi alla città. Riprende la rassegna di letture teatrali Theatralìè le muse del teatro, quest'anno alla quinta edizione con il titolo "Giri di vite: la parola alle donne". Il primo appuntamento della rassegna è per mercoledì 28 con "La donna che entrò da sola in un bar. Ovvero: La grande enciclopedia della donna". Si ascolta musica mercoledì 21, con il concerto a cura dell'Associazione Kairòs, "Le giardiniere, 1815-1848", dedicato alla musica al femminile nella Milano di primo Ottocento.

Nel pieno del dibattito della libertà di informazione, alcune giornaliste milanesi lanciano un appello alle concittadine. Intitolato "Le donne della realtà", si rivolge a quelle che "si dedicano al lavoro e alla famiglia, che contribuiscono allo sviluppo scientifico, sociale e morale del Paese", e che "sono scomparse dai media. I riflettori sono accesi su modelli femminili distorti. Escort, veline, donne di carta che paiono avere un solo obiettivo: visibilità e carriera, soldi e favori elargiti da uomini potenti e danarosi". Lo scopo è quello di dare voce all'indignazione femminile di fronte al dilagare di un'informazione insensibile ai problemi della vita reale, a vantaggio di analisi che rendono sempre più virtuale il contatto tra media e Paese reale. A proposito di informazione. La biblioteca dell'Unione femminile ha appena acquisito alcune annate di due importanti riviste straniere. "Fem. Publicacion feminista mensual" è la prima rivista femminista latinoamericana. "off our backs" è un periodico fatto da e per le donne, sul mondo dell'attivismo al femminile in USA. Pubblicato dal 1970, costituisce il più antico giornale femminista vivente negli Stati Uniti. Altre novità in biblioteca: "L'ora delle ragazze Alfa", l'ultimo libro della giornalista e scrittrice Valeria Palumbo. "Se l'amore ferisce", storie al femminile per curare le ferite del cuore. L'autrice e l'autore sono psicoterapeuti. Non usciamo dal seminato se parliamo di blog, veicoli di controinformazione. Nel variegato mondo delle bloggers non mancano le giovani donne che rifiutano il modello "velina" per ricercare una propria via alla femminilità. Oggi segnaliamo Sherazade ed Eka, che dicono la loro su un manifesto pubblicitario che abbiamo visto di recente nelle strade e nelle metropolitane.

A settembre giornali e notiziari hanno dato ampio spazio alla vicenda della giovane Sanaa, uccisa dal padre che non ne condivideva le scelte di vita. Se ne è molto parlato per il fatto che Sanaa era di origine marocchina. Segnaliamo alcune voci nel dibattito femminista, che offrono una lettura più articolata rispetto allo scenario dello scontro di civiltà. Così Lea Melandri sul sito della Libera università delle donne, con "Il caso Sanaa: quando l’integrazione si sposa con la xenofobia". Stefania Cantatore, sul sito del Paese delle donne, prende spunto dal fatto che "Cristina accoltellata a Rho il 30 luglio è morta proprio come Sanaa. Anche se gli uomini che le hanno uccise si credono differenti". Ileana Montini, sullo stesso sito, invita a non semplificare il nesso fra patriarcato e religione. Per le Donne in nero di Bologna, "non si tratta di una questione religiosa ma di tradizioni e di culture che giustificano la punizione delle donne in quanto il loro corpo è il depositario dell’identità, dell’onore della famiglia e della comunità".

Le autrici del blog Mille e Una Donna, dedicato alla condizione delle donne arabe e/o musulmane in Italia e nel mondo, scrivono delle "altre Sanaa salvate dal padre padrone", mentre le Dumbles affermano "Siamo tutte Sanaa" lanciando un provocatorio "Evviva il patriarcato degli altri!"

Unione Femminile Nazionale - c.so di Porta Nuova, 32 - 20121 Milano




Sulle orme di Sant’Ambrogio

Trascorsa l’estate ad adattare per la scena il soggetto a cui ha dedicato il suo ultimo libro, Dario Fo è giunto alla naturale conclusione di dividere la scena con la compagna di una vita, Franca Rame, che insieme a lui nell’ultimo mezzo secolo ha vissuto la città da protagonista non solo della sua vita culturale ma anche di battaglie civili e impegno politico: in prima nazionale assoluta fino all'11 ottobre debuttano al Piccolo Teatro Strehler con "Sant’Ambrogio e l’invenzione di Milano".
Dario Fo e Franca Rame si presentano dunque al pubblico con uno spettacolo su Ambrogio, patrono di Milano a cui diede massimo lustro e davanti al quale s’inchinarono imperatori, papi, vescovi e che oggi si trova ad essere paradossalmente quasi uno sconosciuto nella sua città.
Nel lavoro drammaturgico, quelli che erano due grandi monologhi (Ambrosius e All’improvvisa) sono confluiti in un unico testo a due voci, "Sant’Ambrogio e l’invenzione di Milano": così si dipana sulla scena il viaggio avventuroso alla scoperta della vita di quest'uomo dal coraggio incredibile e contemporaneamente delle radici di Milano.

La biografia di questa coppia straordinaria si sovrappone sulla scena alla storia della città dal dopoguerra ad oggi, nel segno del coraggio e dell’indipendenza intellettuale di cui Ambrogio è stato esempio tanti secoli prima. Il racconto, accompagnato da grandi proiezioni di disegni e pitture per la regia multimediale di Felice Cappa, mostrerà - attraverso le vicende dei protagonisti - una Milano poco nota, con piazze e architetture degne di una città che è stata capitale dell’impero romano:" Al tempo di Ambrogio, Milano era una città d'acqua, con sette fiumi e tre canali. Ci si arrivava in barca dall'Adriatico. William Shakespeare credeva addirittura ci fosse un porto, come testimonia la sua Tempesta. Certo, oggi, nessuno lo direbbe".

Piccolo Teatro Strehler, largo Greppi 2 (M2 Lanza) – dal 6 all’11 ottobre 2009
Biglietteria telefonica 848800304 - www.piccoloteatro.org