Il birraio di Preston

Siamo nella seconda metà dell’Ottocento, in una piccola città della provincia siciliana, quella Vigàta dove Camilleri ama ambientare tutte le sue storie ancora un secolo e mezzo prima dell’arrivo di Montalbano. Si deve inaugurare il nuovo teatro civico “Re d’Italia”. Il Prefetto Bortuzzi - fiorentino e perciò “straniero” - prefetto di Montelusa, paese distante qualche chilometro, ma odiato dagli abitanti di Vigàta perché più importante e sede della Prefettura, s’intestardisce ad aprire la stagione lirica con Il birraio di Preston, melodramma di Ricci di scarso valore, di nulla fama e di oggettiva idiozia. In realtà nessuno vorrebbe la rappresentazione di quell’opera, ma il Prefetto obbliga a dimettersi ben due consigli di amministrazione del teatro, pur di far passare quella che lui considera una doverosa educazione dei vigatesi all’Arte. Tra i siciliani, visibilmente irritati dall’autorità esterna, si insinua il “bombarolo” mazziniano Nando Traquandi, venuto da Roma per creare scompiglio all’apertura della sala. L’imposizione, un “atto di testardaggine” del Prefetto, crea dunque una situazione che dopo aver visti coinvolti l’esercito, mafiosi veri e presunti, causa un incendio con numerosi morti e ci conduce infine alla scoperta che tutto è nato per un clamoroso equivoco.

Questo "Il birraio di Preston", capolavoro assoluto della scrittura di Camilleri, in scena al Piccolo Teatro Strehler dal 20 ottobre al 15 novembre.Prima di accettare l'ipotesi di una riduzione per il teatro - spiega Camilleri - ho resistito un bel po'. Non capivo come fosse possibile (e ragionavo, è ovvio, da autore) trovare un contenitore spaziale, una griglia che supportasse, senza tradirlo, il racconto. Il colloquio avuto con Giuseppe Dipasquale ci ha fatto trovare la soluzione: una struttura drammaturgica che salvaguardasse la scomposizione temporale del romanzo, ma condotta in modo da loca lizzare scenicamente il tutto in un luogo chefosse ad un tempo un teatro (quello, per esem pio, dove poteva essere avvenuto l'incendio) e il luogo dell'azione del racconto”. Osserva il regista Giuseppe Dipasquale: “Il racconto parte da un fatto che vuole essere di per sé stupefacente, misterioso e incantatore. Proprio come il' C’era una volta dei bambini'. E di un bambino si tratta: l’occhio innocente di un bimbo, per purezza nei confronti del mondo, è il motore dell’azione. Ad esso è destinata, in apertura del romanzo, la scoperta dell’unica grande tragedia che incombe su Vigàta; le altre saranno come delle ipotragedie in questa contenute e da questa conseguenti. Ossia lo spaventoso incendio che nell’originale struttura narrativa costituisce l’inizio e al tempo stesso la conclusione del racconto”.

Tra brucianti storie d’amore, morti ammazzati per volontà e per accidente, lazzi di un loggione indisciplinato, si dipana una storia dalla perfetta architettura narrativa che partendo da una tragedia ci porta al sorriso e che Giuseppe Dipasquale - con la stessa raffinata ironia- mette in scena, a dieci anni dal primo allestimento e con un cast rinnovato.

Piccolo Teatro Strehler, largo Greppi 2 - M2 Lanza – dal 20 ottobre al 15 novembre 2009

foto Filippo Sinopoli