Città che sale...

Di seguito all' intervista rilasciata da Abbruzzese sulle pagine del Corriere della Sera a proposito di un nuovo Manifesto della Cultura, riteniamo non ci sia bisogno di nuovi eroi del lavoro: gli attuali perdono la loro sfida perché perdono paradossalmente la vita e i dati sconfortanti in tema di prevenzione e protezione sono lì, davanti ai nostri occhi, a dimostrarlo.
Serve nuovamente l’esempio legato all’etica del fare, l’esempio che non ha bisogno di mediazione alcuna perché la forma è - da sempre - sostanza.
Gli uomini e le donne che hanno prodotto innovazione e mutamento nel campo sociale, civile, economico,del secolo scorso, sono gli stessi che hanno saputo coniugare cultura, virtù e necessità di nuovi e più ampi spazi di libertà tanto nel campo delle arti, quanto dei mestieri.
Nelle prestigiose istituzioni culturali che proprio a inizio secolo videro la luce a Milano, dando alla città la fama di 'capitale economica e morale del Paese', troviamo piena espressione di quel saper fare illuminato di una società – quella milanese – che seppe coniugare allo sviluppo economico, passione civile, solidarietà, cultura, includendo le fasce più deboli nella crescita comune attraverso valori condivisi.
L’idea che ha mosso il sogno dell’Avanguardia al potere, che proprio a Milano è nata e si è sviluppata, testimonia il motore di quel progresso che ha saputo coniugare la capacità di ‘fare’ unitamente alla capacità di veicolare le conoscenze, gli spazi, gli ideali a tutta la società: nessuno escluso,gratuitamente.
Dare continuità a quel sogno, a quel progetto, è far vivere nella memoria collettiva il ricordo di una stagione ricca di fermento e partecipazione culturale, politica, con al centro comportamenti virtuosi nell’economia quanto nella solidarietà.
Città che sale’ - in continuo movimento per dirla con Boccioni - ma con al centro l’uomo, i suoi bisogni, la necessità al bello in tutte le sue forme e declinazioni.
Ecco allora che la proposta di Davide Rampello per un nuovo Manifesto della Cultura, troverebbe si legittimazione, non solo rispetto alla grande crisi economica quanto civile e morale del paese, che al centro delle riflessioni odierne necessariamente deve includere la ‘centralità della risorse umane’ nei contesti organizzativi tutti, come accadde dopo la grande crisi del ’29 negli Stati Uniti d’America, quando le industrie si accorsero che le teorie legate allo Scientific Management non potevano più rispondere alla necessità di nuove forme di integrazione, crescita, efficienza e produttività: mancava l’uomo.
Così, rispetto alla società dell’immagine richiamata da Alberto Abruzzese nella sua intervista al Corriere della Sera, vi è la necessità di stimolare nuovamente il ruolo attivo delle persona, la centralità dell’uomo nei processi di crescita e trasformazione.
La domanda allora è: sapremo noi dare continuità , ora, a quel progetto di modernità che è stata la Milano dei primi del secolo scorso? di Eloisa Dacquino