L'estremità di quest'albero
- nudo -
si tuffa nel mistero.
Non  mio
non tuo
il mistero.

In cima tremo ogni notte
e non é tua -
la notte.



Mi confonderò ancora
tra le pieghe -
una -
più dell'anima.
Travolti i sogni muoveranno in un mare in cui la nave sarà perduta...
Come stella polare,
puro il mio irrequieto sentire
e poesie bugiarde  di cui ascolti strofe infinite.

E' una sera antica
in cui l'anima posa
sulle urne del cuore -  in un rosso luna.

Nell'occulta magia della sera agonizzante.
Sono.

foto Rosenthal

Diritto in stile libero


« Reclama la libertà in base al diritto della civiltà moderna, per poterla poi negare in base al diritto canonico .»   
                                                                                                               Ernesto Rossi

Lo Statuto, una conquista da rinnovare

Riportiamo un interessante articolo di Silvano Rometti, pubblicato sull' Avanti della domenica venerdì 3 dicembre u.s.

A quarant’anni dalla sua approvazione, lo Statuto dei Lavoratori costituisce ancora un punto fermo della legislazione che concerne il mondo del lavoro.
La legge 300 del 1970 disciplina la tutela della libertà e della dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività dei sindacati nei luoghi di lavoro. Questa legge, contestualizzata nel periodo in cui venne discussa ed approvata, fu una vera svolta per quel che riguardava i rapporti tra datori di lavoro, lavoratori e rappresentanze sindacali.
Visto oggi, il testo della legge andrebbe sicuramente aggiornato a quelle che sono le esigenze dei lavoratori atipici ed adeguato secondo i profondi mutamenti dell’attuale mercato del lavoro, passando così dalla sua forma attuale, ad una nuova che si possa realizzare con l’approvazione dello Statuto dei Lavori. Lo Statuto, così come fu concepito dai sui fautori, ha una forte connotazione riformista, volta alla tutela dei diritti di tutti quei lavoratori che fino a quel momento non venivano riconosciuti, a partire dal diritto di libera opinione del dipendente sul luogo di lavoro, fino al reintegro dello stesso nel caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo. Tale connotazione deriva dal fatto che quei fautori erano due uomini socialisti: Giacomo Brodolini e Gino Giugni, due uomini esperti nella materia sindacale e giurisprudenziale che hanno permesso la promozione di una legislazione moderna e riformista che l’Italia di quegli anni non aveva avuto modo di conoscere. Socialista era anche il giuslavorista che ha disciplinato, con una legge che porta il suo nome, il tema del diritto del lavoro nella società dei nostri giorni, introducendo il concetto di flessibilità, troppe volte però confuso con quello di precarietà: parlo ovviamente di Marco Biagi. Per tutti questi motivi mi fa piacere, in quanto socialista convinto, vedere che nel panorama politico italiano spesso si fa riferimento allo Statuto dei Lavoratori, in maniera del tutto bipartisan ne viene riconosciuta la valenza e si discute al fine di proporre quelle modifiche necessarie per ridurre le eccessive rigidità della legge.
Mi lascia tuttavia turbato il fatto che queste forze non ricordano gli autori di quella legge. Eppure è proprio l’articolo 19 del testo che disciplina la presenza delle rappresentanze sindacali, su iniziativa dei lavoratori, in ogni unità lavorativa delle aziende.
Ritengo dunque che, seppur lo Statuto dei Lavoratori è stato riconosciuto da tutti come la base di quanto concerne il diritto del lavoro italiano, sia imprescindibile non dargli una valenza politica e riconoscere il riformismo che Brodolini e Giugni sono stati in grado di tradurre in legge.
 
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