«Ancora troppi gap occupazionali e reddituali» «La strada da percorrere è ancora lunga, partire dalla contrattazione di genere»


Analisi UIL: Le donne che lavorano, in Italia, sono ancora troppo poche, con un tasso di occupazione femminile molto lontano dagli obiettivi Europei (60%): nel terzo trimestre 2018, si attesta al 49,4%, rispetto al 68,5% del tasso di occupazione maschile. 

Le retribuzioni delle donne, inoltre, continuano a essere nettamente inferiori rispetto a quelle degli uomini, con un gap retributivo del 31,5% nel settore privato.

È quanto emerge da un’analisi del Servizio Mercato del lavoro della Uil, elaborata sulla base dei principali dati macroeconomici italiani, in occasione dell’8 marzo, con l’obiettivo di dare una lettura di genere aggiornata degli indicatori del mercato del lavoro, con un focus sulle retribuzioni e sulle dichiarazioni dei redditi.

Tra scoraggiamento e motivi familiari, in Italia, le donne che non lavorano sono circa 3,5 milioni, a fronte di 677 mila uomini inattivi per le medesime motivazioni. Se guardiamo alla mancata ricerca di un lavoro per motivi familiari, e quindi di cura connessi alla presenza di familiari anziani e figli, si rileva che il rapporto donna/uomo che non lavorano per tale causa è di 20 a 1.

Dall’insufficienza dei servizi di cura (servizi per l’infanzia e assistenza ai non autosufficienti), unitamente all’alto costo per accedere a tali servizi, ne deriva una difficoltà per le donne di conciliare la vita privata con il lavoro. Ne è prova, non solo l’alto numero di donne inattive, ma anche l’alta percentuale di ricorso ad un orario di lavoro part-time:  3,1 milioni di donne sono in part- time rispetto a 1,1 milioni di uomini.

Così come, l’analisi dei dati sulle dimissioni volontarie entro l’anno di vita del bambino segnala come tale istituto riguardi soprattutto la componente femminile dove 8 dimissioni su 10 sono rassegnate da donne. Nel 2017 sono state complessivamente convalidate 39.738 dimissioni e risoluzioni consensuali, di cui 30.672 presentate da lavoratrici, un numero questo in crescita del 2,6% rispetto al 2016. (Dati Ispettorato Nazionale del Lavoro).

Secondo una nostra elaborazione dei dati Istat, riferiti ai primi tre trimestri del 2018, emerge che su oltre 23 milioni di occupati, il 42,1% è donna (circa 9,8 milioni). Le lavoratrici dipendenti assorbono il 45,3% dell’occupazione subordinata (pari a 8,1 milioni), prevalentemente nei ruoli di impiegate e operaie.  Bassa l’incidenza delle donne nel profilo della dirigenza (32,2%) e nel lavoro autonomo (3 donne ogni 10 uomini).

Nel III trimestre 2018, il tasso di disoccupazione femminile è pari al 10,4%, più alto dell’ 1,8% rispetto a quello della componente maschile e alla media nazionale che si attesta al 9,3%.

Nel Mezzogiorno il tasso di disoccupazione femminile è più alto: 19,3%, maggiore di oltre 10 punti percentuali rispetto alle donne del Centro e di 12,7 punti se confrontato con le donne del Nord.

Lo studio della Uil ha, inoltre, analizzato il cosiddetto gender pay gap, attraverso l’ausilio di dati di fonte amministrativa (INPS) e del Ministero delle Finanze (MEF).

Da una nostra elaborazione effettuata sui dati dell’Inps - estratti dall’Osservatorio sui lavoratori dipendenti privati (al netto degli agricoli) - abbiamo riscontrato come, a parità di inquadramento contrattuale, le donne percepiscano una retribuzione media mensile inferiore, con retribuzioni molto basse per le lavoratrici del Mezzogiorno.

Avvalendoci delle Dichiarazioni dei Redditi anno 2017, è stato ulteriormente possibile evidenziare un gender gap reddituale in cui, mediamente, la donna dichiara un reddito inferiore del 40,5% rispetto a quello dell’uomo (15.249 euro medi l’anno a fronte dei 25.614 euro degli uomini).

Tutti questi dati dimostrano come la strada da percorrere sia ancora lunga: attivo e proattivo deve essere il nostro impegno a partire dalla contrattazione collettiva in ottica di genere.