" Io devo a Paolo Grassi e Giorgio Strehler tutto quello che ho imparato della vita: comprensione, tolleranza, indulgenza, e soprattutto umanità, la facoltà di riconoscere e apprezzare gli autentici valori che la vita man mano ci offre. Ho passato giornate intere a cercare di separare Paolo e Giorgio in lite per la data della prima, per il numero di prove, che si prendevano a calci, si buttavano i posacenere… ma discutevano di cultura, una cosa che sarà sempre alla base della vita. Cosa è stata la vita del Piccolo? Arte e cultura ma dentro c’era la vita… perché il teatro nella società rappresenta un luogo dove gli uomini vanno ad ascoltare le parole di altri uomini. Ed è questa la vera solidarietà.
Certo la nascita del Piccolo fu importante per scuotere Milano e i milanesi, ma lo fu soprattutto per l’Europa che, da subito, colse la novità dell’esperienza. La Francia, allora così all’avanguardia per la teorizzazione di un teatro nuovo, voleva i nostri spettacoli, eravamo amatissimi dai teatri dei Paesi scandinavi e riuscimmo, con le tournée americane, ad affascinare anche gli Stati Uniti e l’America del Sud. Il Piccolo era accolto con calore, sia per l’alta poetica delle rappresentazioni strehleriane, sia per la perfezione della macchina produttiva e gestionale.
Il Piccolo ha dovuto inventarsi molte cose nel campo della gestione aziendale, oltre che in quello dell’arte. Nel 1947, anno della nascita del Piccolo, riuscimmo a coinvolgere nella nostra impresa molti industriali milanesi, la grande borghesia imprenditoriale, da Pirelli a Adriano Olivetti, a quella grande figura che fu Mattioli, il presidente della Banca Commerciale Italiana. Ma devo dire che, per primi, abbiamo ideato molte iniziative nel campo della promozione e della gestione del nostro teatro: dai contatti con il mondo della pubblicità, alla creazione degli abbonamenti, all’organizzazione del pubblico tra le scuole e i sindacati e, più recentemente, l’informatizzazione della biglietteria. E siamo forse stati l’unico teatro che si fa certificare il bilancio da una società competente.
Come teatro stabile, abbiamo avuto una produzione molto particolare, in quanto abbiamo lavorato all’estero organizzando un’attività completa, con approfondimenti culturali e dibattiti intorno ad ogni spettacolo. Molti teatri privati allestiscono qualche spettacolo all’estero, ma non in modo sistematico come il Piccolo. La nostra attività è molto più apprezzata all’estero che nel nostro Paese, avaro di riconoscimenti pubblici nei confronti delle proprie istituzioni culturali.
Ho fatto qualche tournée con la compagnia all’estero e ho ricordi molto belli di ogni spettacolo. Mi ha colpita molto, quando siamo andati a Los Angeles con “La tempesta”, la straordinaria reazione del pubblico americano, un po’ infantile, diversa dalla nostra: quando Ariel volava, gli spettatori emettevano gridolini come bambini. In URSS la partecipazione era anche maggiore, commovente, con un approfondimento inimmaginabile. Ma dappertutto abbiamo avuto grande successo.
Ricordo opere innovatrici che abbiamo portato al Piccolo, il Living e il Bread and Puppet.
E rammento volentieri registi e autori venuti a lavorare al Piccolo, da Patrice Chéreau, che in un certo senso è nato da noi, a Grüber, Bob Wilson e soprattutto Brecht, un uomo molto semplice, discreto, interessante, fuori dei cliché dell’uomo che si mette in evidenza, con una grande ricchezza interiore, al pari di sua moglie, Helene Weigel." Nina Vinchi
Certo la nascita del Piccolo fu importante per scuotere Milano e i milanesi, ma lo fu soprattutto per l’Europa che, da subito, colse la novità dell’esperienza. La Francia, allora così all’avanguardia per la teorizzazione di un teatro nuovo, voleva i nostri spettacoli, eravamo amatissimi dai teatri dei Paesi scandinavi e riuscimmo, con le tournée americane, ad affascinare anche gli Stati Uniti e l’America del Sud. Il Piccolo era accolto con calore, sia per l’alta poetica delle rappresentazioni strehleriane, sia per la perfezione della macchina produttiva e gestionale.
Il Piccolo ha dovuto inventarsi molte cose nel campo della gestione aziendale, oltre che in quello dell’arte. Nel 1947, anno della nascita del Piccolo, riuscimmo a coinvolgere nella nostra impresa molti industriali milanesi, la grande borghesia imprenditoriale, da Pirelli a Adriano Olivetti, a quella grande figura che fu Mattioli, il presidente della Banca Commerciale Italiana. Ma devo dire che, per primi, abbiamo ideato molte iniziative nel campo della promozione e della gestione del nostro teatro: dai contatti con il mondo della pubblicità, alla creazione degli abbonamenti, all’organizzazione del pubblico tra le scuole e i sindacati e, più recentemente, l’informatizzazione della biglietteria. E siamo forse stati l’unico teatro che si fa certificare il bilancio da una società competente.
Come teatro stabile, abbiamo avuto una produzione molto particolare, in quanto abbiamo lavorato all’estero organizzando un’attività completa, con approfondimenti culturali e dibattiti intorno ad ogni spettacolo. Molti teatri privati allestiscono qualche spettacolo all’estero, ma non in modo sistematico come il Piccolo. La nostra attività è molto più apprezzata all’estero che nel nostro Paese, avaro di riconoscimenti pubblici nei confronti delle proprie istituzioni culturali.
Ho fatto qualche tournée con la compagnia all’estero e ho ricordi molto belli di ogni spettacolo. Mi ha colpita molto, quando siamo andati a Los Angeles con “La tempesta”, la straordinaria reazione del pubblico americano, un po’ infantile, diversa dalla nostra: quando Ariel volava, gli spettatori emettevano gridolini come bambini. In URSS la partecipazione era anche maggiore, commovente, con un approfondimento inimmaginabile. Ma dappertutto abbiamo avuto grande successo.
Ricordo opere innovatrici che abbiamo portato al Piccolo, il Living e il Bread and Puppet.
E rammento volentieri registi e autori venuti a lavorare al Piccolo, da Patrice Chéreau, che in un certo senso è nato da noi, a Grüber, Bob Wilson e soprattutto Brecht, un uomo molto semplice, discreto, interessante, fuori dei cliché dell’uomo che si mette in evidenza, con una grande ricchezza interiore, al pari di sua moglie, Helene Weigel." Nina Vinchi
dal volume “Piccolo è il mondo”, edito da Piccolo Teatro e Fiera Milano, 2006 - foto Busacca