"Le nazioni, come gli uomini, muoiono di impercettibili scortesie. " Jean Giraudox
Non stupisce l'idiosincrasia del tesseramento, oggetto dell'ultimo attacco - in ordine di tempo - sferrato ai sindacati dal Premier Renzi: l'idea che i processi democratici e partecipativi di qualunque associazione (e quindi anche dei partiti politici), possano essere sostituiti da forme alternative di 'baronia' mediatica, é coerente con la visione di un partito (democratico?), che ha consentito a chiunque l'elezione del proprio Segretario in cambio di due euro. D'altronde l'idea di abolire gli iscritti non é nuova nelle fila renziane (qualcuno ricorderà le affermazioni di Michele Emiliano); si acclama e sostiene (senza discutere), il leader più cool che questa modernità e questo 'nuovismo' (così arcaici) impongono, da un popolo che si vorrebbe sempre più di social, tele, twitter dipendente. E il perché é presto detto: l'esercizio della democrazia impone rispetto, dialogo, ascolto; esige di dare senso, diritti e doveri a chi liberamente, impegnandosi in prima persona, decide di aderire a una comunità. Impone che il tempo dedicato alla discussione e alla proposta possa essere esercitato. Ma il tempo é nemico della modernità, e con la globalizzazione il nostro interlocutore é ovunque: al confronto si preferisce l'uso di slogan e hastag, alla discussione e al rispetto la "gogna" mediatica di chi osa contrapporre idee e proposte diverse, alla dialettica parlamentare il ricorso continuo al voto di fiducia. Ciò che resta, in questa bolla d'aria in cui il paese sembra imprigionato, é un partito che attraverso il suo leader, nonché capo del Governo, sembra non essere in grado di rispettare la storia e la lunga militanza di milioni di persone che ancora credono nei valori della comunità, della gratuità, della democrazia, delle Istituzioni. E tra questi certamente donne e uomini che nella loro veste di servitori dello Stato, si sentono quotidianamente offesi e calpestati nell'esercizio dei propri doveri: non si trova tempo per aprire il confronto con chi li rappresenta, non si trovano risorse per rinnovare i contratti scaduti da oltre sei anni. Non si trova tempo per discutere delle molte idee e proposte che i sindacati unitariamente avanzano per riformare realmente ed efficacemente la Pubblica Amministrazione. Questo tempo lo si riserva ad inutili passerelle, spot e pseudo riforme, mentre la spesa pubblica continua ad aumentare di pari passo alle consulenze commissionate a "professionisti": dagli 898 milioni di euro del 2009, ai 990 del 2011 e il miliardo di euro del 2012, si è passati ai 1.150 del 2015. Agli annunci mirabolanti di risorse da destinare per la banda larga, infrastrutture e chi più ne ha ne metta, non un euro per chi quotidianamente tutela e salvaguardia il welfare nel nostro paese. E mentre tutto ciò accade, viene varato un provvedimento che anziché combattere l'evasione fiscale, la incentiva: la non punibilità per le dichiarazioni che differiscono del 10% e l'aver innalzato da 50 mila a 150 mila euro la soglia per la procedibilita' penale. Un regalo agli evasori, con buona pace dei pensionati e lavoratori dipendenti, tassati alla fonte. Qualcosa non torna, caro premier, e non solo nei conti: ai facili slogan, anteponga con atti concreti, attraverso il confronto, il benessere della collettività; alle diatribe di partito e a questo triste e malcelato consociativismo, il bene del paese.
Non stupisce l'idiosincrasia del tesseramento, oggetto dell'ultimo attacco - in ordine di tempo - sferrato ai sindacati dal Premier Renzi: l'idea che i processi democratici e partecipativi di qualunque associazione (e quindi anche dei partiti politici), possano essere sostituiti da forme alternative di 'baronia' mediatica, é coerente con la visione di un partito (democratico?), che ha consentito a chiunque l'elezione del proprio Segretario in cambio di due euro. D'altronde l'idea di abolire gli iscritti non é nuova nelle fila renziane (qualcuno ricorderà le affermazioni di Michele Emiliano); si acclama e sostiene (senza discutere), il leader più cool che questa modernità e questo 'nuovismo' (così arcaici) impongono, da un popolo che si vorrebbe sempre più di social, tele, twitter dipendente. E il perché é presto detto: l'esercizio della democrazia impone rispetto, dialogo, ascolto; esige di dare senso, diritti e doveri a chi liberamente, impegnandosi in prima persona, decide di aderire a una comunità. Impone che il tempo dedicato alla discussione e alla proposta possa essere esercitato. Ma il tempo é nemico della modernità, e con la globalizzazione il nostro interlocutore é ovunque: al confronto si preferisce l'uso di slogan e hastag, alla discussione e al rispetto la "gogna" mediatica di chi osa contrapporre idee e proposte diverse, alla dialettica parlamentare il ricorso continuo al voto di fiducia. Ciò che resta, in questa bolla d'aria in cui il paese sembra imprigionato, é un partito che attraverso il suo leader, nonché capo del Governo, sembra non essere in grado di rispettare la storia e la lunga militanza di milioni di persone che ancora credono nei valori della comunità, della gratuità, della democrazia, delle Istituzioni. E tra questi certamente donne e uomini che nella loro veste di servitori dello Stato, si sentono quotidianamente offesi e calpestati nell'esercizio dei propri doveri: non si trova tempo per aprire il confronto con chi li rappresenta, non si trovano risorse per rinnovare i contratti scaduti da oltre sei anni. Non si trova tempo per discutere delle molte idee e proposte che i sindacati unitariamente avanzano per riformare realmente ed efficacemente la Pubblica Amministrazione. Questo tempo lo si riserva ad inutili passerelle, spot e pseudo riforme, mentre la spesa pubblica continua ad aumentare di pari passo alle consulenze commissionate a "professionisti": dagli 898 milioni di euro del 2009, ai 990 del 2011 e il miliardo di euro del 2012, si è passati ai 1.150 del 2015. Agli annunci mirabolanti di risorse da destinare per la banda larga, infrastrutture e chi più ne ha ne metta, non un euro per chi quotidianamente tutela e salvaguardia il welfare nel nostro paese. E mentre tutto ciò accade, viene varato un provvedimento che anziché combattere l'evasione fiscale, la incentiva: la non punibilità per le dichiarazioni che differiscono del 10% e l'aver innalzato da 50 mila a 150 mila euro la soglia per la procedibilita' penale. Un regalo agli evasori, con buona pace dei pensionati e lavoratori dipendenti, tassati alla fonte. Qualcosa non torna, caro premier, e non solo nei conti: ai facili slogan, anteponga con atti concreti, attraverso il confronto, il benessere della collettività; alle diatribe di partito e a questo triste e malcelato consociativismo, il bene del paese.
Eloisa Dacquino
10 agosto 2015
10 agosto 2015