Dal blog La nostra storia di Dino Messina - Corriere Della Sera
Ormai è un motivo che ritorna: le Annales furono vera storia? Così titolava ieri la Stampa un bell'articolo di Miguel Gotor, accompagnato da un controcanto di Giuseppe Galasso che come già aveva fatto in un'intervista a noi si lamenta per le degenerazioni della nouvelle histoire soprattutto in tempi recenti, cioè dopo il 1968. Un'accusa da un punto di vista marxistico l'aveva lanciata un esponente italiano della storiografia delle Annales, Ruggiero Romano, in un saggio uscito nel 1995 da Donzelli intitolato "Braudel e noi, riflessioni sulla cultura storica del nostro tempo". Ma al di là degli aspetti controversiali che servono a rinnovare l'interesse per la materia, non v'è dubbio che le Annales furono vera storia. Forse, furono l'ultima grande rivoluzione nel campo storiografico.
Come annunciava Marc Bloch ( qui sopra, a destra) nel primo numero, uscito il 15 gennaio 1929, la rivista non era indirizzata ai soli specialisti, anche se gli abbonati inizialmente non superarono i 400. Soprattutto erano l'interdiplinarietà e l'ampliamento delle aree di studio gli elementi che saltavano agli occhi del lettore: si passava da un articolo sul prezzo del papiro nell'antico Egitto a un saggio sull'istruzione dei mercanti nel Medioevo a interventi sull'economica tedesca nel primo dopoguerra e sulla demografia dell'Unione sovietica. Era chiaro: non c'erano ambiti "umili" che non meritassero l'attenzione dello studioso di storia: si trattasse di sistema di comunicazioni (le poste), di alimentazione, di archeologia botanica, di mentalità, ogni singolo ambito della storia umana meritava di essere preso in considerazione. E poi l'arco temporale si estendeva sino all'oggi. I due direttori, Marc Bloch e Lucien Febvre, avevano concezioni di vita opposte (il primo volle combattere con la resistenza francese nonostante avesse più di 50 anni e fu ucciso dai nazisti nel 1944, il secondo attese defilato che la tempesta passasse) ma erano entrambi studiosi affermati e all'avanguardia.
Il terzo nome che bisogna ricordare, accanto a Bloch, che quando fondò la rivista aveva già scritto "I re taumaturghi", e a Febvre, autore tra l'altro di uno studio ormai classico su Martin Lutero, di un saggio sul problema dell'incredulità nel XVI secolo: La religione di Rabelais, è quello di Fernand Braudel. Fu Braudel a portare a compimento la rivoluzione delle Annales, sottolineando il concetto di lunga durata, e lasciandoci contributi eccezionali come lo studio sul Mediterraneo all'epoca di Filippo II. A noi piace aggiungere anche i nomi di Philippe Ariès, Georges Duby, Jacques Le Goff e anche quello di François Furet, che si occupò di storia politica (rivoluzione francese e comunismo) in maniera del tutto nuova.
Come annunciava Marc Bloch ( qui sopra, a destra) nel primo numero, uscito il 15 gennaio 1929, la rivista non era indirizzata ai soli specialisti, anche se gli abbonati inizialmente non superarono i 400. Soprattutto erano l'interdiplinarietà e l'ampliamento delle aree di studio gli elementi che saltavano agli occhi del lettore: si passava da un articolo sul prezzo del papiro nell'antico Egitto a un saggio sull'istruzione dei mercanti nel Medioevo a interventi sull'economica tedesca nel primo dopoguerra e sulla demografia dell'Unione sovietica. Era chiaro: non c'erano ambiti "umili" che non meritassero l'attenzione dello studioso di storia: si trattasse di sistema di comunicazioni (le poste), di alimentazione, di archeologia botanica, di mentalità, ogni singolo ambito della storia umana meritava di essere preso in considerazione. E poi l'arco temporale si estendeva sino all'oggi. I due direttori, Marc Bloch e Lucien Febvre, avevano concezioni di vita opposte (il primo volle combattere con la resistenza francese nonostante avesse più di 50 anni e fu ucciso dai nazisti nel 1944, il secondo attese defilato che la tempesta passasse) ma erano entrambi studiosi affermati e all'avanguardia.
Il terzo nome che bisogna ricordare, accanto a Bloch, che quando fondò la rivista aveva già scritto "I re taumaturghi", e a Febvre, autore tra l'altro di uno studio ormai classico su Martin Lutero, di un saggio sul problema dell'incredulità nel XVI secolo: La religione di Rabelais, è quello di Fernand Braudel. Fu Braudel a portare a compimento la rivoluzione delle Annales, sottolineando il concetto di lunga durata, e lasciandoci contributi eccezionali come lo studio sul Mediterraneo all'epoca di Filippo II. A noi piace aggiungere anche i nomi di Philippe Ariès, Georges Duby, Jacques Le Goff e anche quello di François Furet, che si occupò di storia politica (rivoluzione francese e comunismo) in maniera del tutto nuova.
La domanda "fu vera storia?" è un'esagerazione giornalistica.
Averne ancora di stagioni così.