Nello spettacolo tre donne si inseguono, si citano e si anticipano l'un l'altra. L'autore si sofferma sul linguaggio, sul travaglio, sul flusso verbale interiore del “Personaggio Donna”. Wesker fruga nell'identità multipla della voce portante, nell'animo di una protagonista che si sdoppia, si triplica, orienta le battute verso zone oscure di sé, dialogando con interlocutori di riflesso e di comodo che somigliano a un io-diverso.
La storia è presto detta: ANNIE è una vecchia signora sola e abbandonata , una sorta di barbona che va a servizio da una povera famiglia di ebrei, ricorda la sua triste vita e descrive la famiglia presso cui lavora.
Presa dallo sfaccendio inutile e attento dei vecchi, esegue i suoi piccoli riti, inseguendo la trama intricata dei ricordi, fino alla nenia che porta verso la trance, il punto di non ritorno, la dissolvenza. Quando ha finito, si toglie gli stracci che ha indosso e si trasforma in ANNA, una studentessa da poco laureata, dai capelli rossi vestita con un abito nero, indecisa se andare o meno all'appuntamento con il suo ragazzo che si rivelerà in seguito diverso da quelli precedenti, per poi vestire i panni di ANNABELLA, scrittrice il cui terzo romanzo è un grande successo, che di sé decide di dare un'immagine ingannevole: nella prima intervista offre un'immagine di modestia; nella seconda un'immagine di scrittrice arrogante e nella terza, stanca di recitare, rivela la sua - una scrittrice terrorizzata dalla paura di essere mediocre.
Bandita dunque ogni morale indotta, qualunque vittimismo esemplare, Elisabetta Pozzi mette in scena uno spettacolo in cui la profondità e la capacità di esternare è donna: cosa che Wesker , del temperamento femminile, ha percepito a fondo, rivelandolo.
Presa dallo sfaccendio inutile e attento dei vecchi, esegue i suoi piccoli riti, inseguendo la trama intricata dei ricordi, fino alla nenia che porta verso la trance, il punto di non ritorno, la dissolvenza. Quando ha finito, si toglie gli stracci che ha indosso e si trasforma in ANNA, una studentessa da poco laureata, dai capelli rossi vestita con un abito nero, indecisa se andare o meno all'appuntamento con il suo ragazzo che si rivelerà in seguito diverso da quelli precedenti, per poi vestire i panni di ANNABELLA, scrittrice il cui terzo romanzo è un grande successo, che di sé decide di dare un'immagine ingannevole: nella prima intervista offre un'immagine di modestia; nella seconda un'immagine di scrittrice arrogante e nella terza, stanca di recitare, rivela la sua - una scrittrice terrorizzata dalla paura di essere mediocre.
Bandita dunque ogni morale indotta, qualunque vittimismo esemplare, Elisabetta Pozzi mette in scena uno spettacolo in cui la profondità e la capacità di esternare è donna: cosa che Wesker , del temperamento femminile, ha percepito a fondo, rivelandolo.
Formatasi presso la scuola del Teatro di Genova, Elisabetta Pozzi ha iniziato a recitare spettacoli a fianco di Giorgio Albertazzi che la sceglie come protagonista, ne "Il fu Mattia Pascal";per le sue interpretazioni è stata insignita di quattro Premi Ubu, due premi della critica ed il Premio E. Duse.